STORIA

Tratto da "DAI PRATI DI CAPRARA A INTERNET - UN CAMMINO LUNGO 90 ANNI"

a cura di Daniele Cacozza

1910

Il Comitato Veneto - Emiliano Nel maggio 1910, a dare una dimensione un poco più regionale al C.R.E., si affiliarono anche l’Associazione Studentesca del Calcio, di Modena, e il Ferrara F.B.C. Tuttavia il movimento calcistico emiliano-romagnolo stentava alquanto a svilupparsi; era evidente il contrasto con le regioni vicine, dove i frequenti contatti con il calcio transalpino svizzero e francese (Lombardia, Piemonte), o la costante presenza di marittimi britannici (Liguria, Toscana, Veneto) e di universitari centro-europei (Padova, Firenze) favorirono la più rapida diffusione del nuovo sport. Nella nostra regione, nonostante gli aspiranti calciatori non fossero pochi, scarseggiavano per contro attrezzature, campi di gioco e soprattutto managers in grado di assumersi onori e oneri di gestire sodalizi permanenti. Il C.R.E. risentiva in parallelo degli stessi problemi: in effetti i dirigenti del Bologna, ottenuta la loro “vetrina” con la vittoria regionale, si distaccarono progressivamente dal Comitato, anche perché nel 1910-11 i rossoblù saranno ammessi in 1.a Categoria, ma nel girone veneto. Intanto la presidenza del Comitato emiliano era passata ad un altro socio del Bologna, Leone Vicenzi, che (caso unico nella storia del C.R.E.) era stato eletto nell’Assemblea generale straordinaria della F.I.G.C. tenutasi a Milano il 30 ottobre 1910; peraltro su un totale di 32 presenti le nostre società intervenute erano state soltanto due: Bologna e Virtus. Ed in regione non si poterono proporre che modestissimi tornei di 2.a Categoria e 3.a Categoria; di organizzare l’agognata 1.a Categoria non si parlava neppure! Anzi, già alla fine del 1911 il Comitato non esisteva più, essendo stata l’Emilia aggregata al gruppo chiamato “Italia Orientale”, o Veneto - Emiliano, a capo del quale era il cav. uff. dr. Francesco Müller di Venezia, già presidente del C.R.Veneto. Nel 1912, poi, la conclusione burrascosa delle fi nali interregionali di 2.a Categoria (a Modena una singolare invasione di campo pose termine alla gara con la compagine dei Volontari Venezia) e le polemiche che ne seguirono imposero una lunga battuta di arresto al nostro calcio regionale. Dopo una stasi di molti mesi il C.R.E. si ricostituì grazie ad un intervento effettuato in via straodinaria direttamente dalla F.I.G.C., che il 28 gennaio 1913 nominò per la seconda volta l’arbitro bolognese Leone Vicenzi alla presidenza. Si potè in tal modo organizzare un campionato emiliano di 3.a Categoria con quattro squadre, ma fu solo un fuoco di paglia: terminato il torneo, il Comitato Regionale si sciolse nuovamente. Inevitabile a questo punto il provvedimento federale: le società emiliane affiliate, diventate nel frattempo nove in rappresentanza delle province di Bologna, Modena, Ferrara e Reggio, più due clubs mantovani, vennero stabilmente aggregate al Comitato Regionale Veneto, che assunse così il nome di Comitato Regionale Veneto - Emiliano (autunno 1913). Esso aveva sede a Venezia, e vide inizialmente solo due nostri rappresentanti farne parte in qualità di semplici membri: il bolognese Nicolai e il modenese Ventura. Oltre al girone misto di 1.a Categoria fu disputato anche il torneo di 2.a Categoria, con eliminatorie regionali e finali tra le due vincenti. Tale situazione si protrasse per le stagioni 1913-14 e 1914-15, nelle quali per la prima volta fu sperimentato il meccanismo di “ricambio” tra le squadre della 1.a e 2.a Categoria: quest’ultimo campionato venne correntemente chiamato “Promozione”, giacché le vincenti avevano diritto di salire alla serie superiore, prendendo il posto delle ultime classificate in 1.a Categoria. Il C.R.E. rinasce due volte Alla vigilia della prima guerra mondiale, il bilancio sportivo regionale emiliano era tutt’altro che brillante, come si evince da questo prospetto: Il totale di sole 35 gare ufficiali (cui va aggiunto un piccolo numero di matches e tornei amichevoli) è tanto più esiguo se confrontato con quello di regioni limitrofe come la Lombardia o lo stesso Veneto. Anche per numero di società affiliate (13, sulle circa 170 esistenti in Italia) l’Emilia era al terzultimo posto nella graduatoria tra i dieci Comitati esistenti all’epoca, precedendo solamente Puglie e Sicilia. L’entrata in guerra dell’Italia nel 1915 bloccò temporaneamente tutti gli sport. Ma già in autunno il Comitato Regionale Emiliano tornava ad operare in autonomia grazie al professore modenese Luigi Casini che, su incoraggiamento della Federazione, ne promosse la ripresa. Con l’assistenza del vice-presidente federale ing. Francesco Mauro, il 21 novembre 1915 si svolse nella sede del Modena un’assemblea che a buon diritto può considerarsi la prima in assoluto tra società emiliane, e che elesse regolarmente il primo vero Comitato della nostra regione. Ecco i nomi dei pionieri che componevano quel Consiglio Direttivo: Presidente: prof. Luigi Casini (Modena F.C.); segretario: Luigi Cammarosano (Reggio F.C.); consiglieri: Odoardo Gandolfi (Modena F.C.), avv. Angelo Menini (A.C. Mantovana), M° Pergola (Audax F.C. di Modena), dr. Giuseppe Papotti (S.C. Jucunditas di Carpi), rag. Alberto Nicolai e rag. Alessandro Oppi (entrambi del Bologna F.C.). Posta la sede a Modena, nella riunione di insediamento (2 gennaio 1916) il Comitato si autodefiniva “provvisorio ed in carica fino a sessanta giorni dopo la fine della guerra”, stabilendo con l’occasione la sua giurisdizione sulle consorelle della provincia di Mantova. Oltre alla fase regionale della “Coppa Federale”, il C.R.E. organizzò anche il torneo denominato “Coppa Emilia” (se ne giocheranno due edizioni), con gli incassi devoluti ad enti benefici di assistenza ai combattenti. Il sunto di quegli anni difficili fu complessivamente lusinghiero: In realtà il nuovo Comitato Regionale non visse che pochi mesi. Per ragioni certamente legate alla situazione di guerra, nella stagione 1916-17 la gestione passò ad un Commissario Regionale nominato dalla F.I.G.C., il dr. Luigi Saverio Bertazzoni, arbitro federale e dirigente del Modena. E nell’autunno 1917 l’emergenza bellica impose definitivamente la cessazione di ogni attività; i soli tornei regolari in Emilia furono quelli dell’U.L.I.C. modenese, nato proprio in quelle settimane, che organizzò nel 1917-18 il primo “Torneo Emiliano” con quattro squadre. Del Comitato Regionale si ricominciò a parlare soltanto alcuni mesi dopo il termine del conflitto, poiché il caotico dopoguerra non favorì la ripresa delle manifestazioni sportive. Il 27 aprile 1919 il Consiglio Federale assegnò al prof. Casini la reggenza amministrativa e sportiva regionale emiliana in qualità di Commissario Federale, nell’attesa della regolare ricostituzione del Comitato. La gestazione di quest’ultimo fu assai faticosa, tanto che le difficoltà sorte suggerirono alla F.I.G.C. l’invio di un proprio emissario nella persona del consigliere rag. Mario Trinchieri, stretto collaboratore del Presidente Federale avv. Giovanni Mauro. Il 5 luglio 1919 Trinchieri presiedette a Bologna, nei locali del ristorante “San Pietro” in via Indipendenza, una riunione durante la quale tutte le società emiliane e mantovane convocate (una ventina) elessero all’unanimità il nuovo Comitato Regionale: Cesare Gibelli fu acclamato presidente, con Alessandro Oppi in qualità di segretario; entrambi erano dirigenti del Bologna F.C. Gli altri collaboratori risultarono: Enrico Sabattini (S.G. Fortitudo di Bologna) come cassiere; Cleto Raimondi (Audace F.C. di Bologna), Bruno Tommasi (Nazionale Emilia F.C. di Bologna), Giuseppe Pazzi (S.P.A.L. di Ferrara), Odoardo Gandolfi (Modena F.C.), Fernando Giordani (G.S. Bolognese), avv. Angelo Menini (A.C. Mantovana) come consiglieri. L’assemblea del 5 luglio 1919 resta comunque un evento importante, perché a partire da questa data il Comitato Regionale Emiliano funzionerà senza più alcuna interruzione, fino ai giorni nostri.


1919

Il C.R.E. rinasce due volte Alla vigilia della prima guerra mondiale, il bilancio sportivo regionale emiliano era tutt’altro che brillante, come si evince da questo prospetto: Il totale di sole 35 gare ufficiali (cui va aggiunto un piccolo numero di matches e tornei amichevoli) è tanto più esiguo se confrontato con quello di regioni limitrofe come la Lombardia o lo stesso Veneto. Anche per numero di società affiliate (13, sulle circa 170 esistenti in Italia) l’Emilia era al terzultimo posto nella graduatoria tra i dieci Comitati esistenti all’epoca, precedendo solamente Puglie e Sicilia. L’entrata in guerra dell’Italia nel 1915 bloccò temporaneamente tutti gli sport. Ma già in autunno il Comitato Regionale Emiliano tornava ad operare in autonomia grazie al professore modenese Luigi Casini che, su incoraggiamento della Federazione, ne promosse la ripresa. Con l’assistenza del vice-presidente federale ing. Francesco Mauro, il 21 novembre 1915 si svolse nella sede del Modena un’assemblea che a buon diritto può considerarsi la prima in assoluto tra società emiliane, e che elesse regolarmente il primo vero Comitato della nostra regione. Ecco i nomi dei pionieri che componevano quel Consiglio Direttivo: Presidente: prof. Luigi Casini (Modena F.C.); segretario: Luigi Cammarosano (Reggio F.C.); consiglieri: Odoardo Gandolfi (Modena F.C.), avv. Angelo Menini (A.C. Mantovana), M° Pergola (Audax F.C. di Modena), dr. Giuseppe Papotti (S.C. Jucunditas di Carpi), rag. Alberto Nicolai e rag. Alessandro Oppi (entrambi del Bologna F.C.). Posta la sede a Modena, nella riunione di insediamento (2 gennaio 1916) il Comitato si autodefiniva “provvisorio ed in carica fino a sessanta giorni dopo la fine della guerra”, stabilendo con l’occasione la sua giurisdizione sulle consorelle della provincia di Mantova. Oltre alla fase regionale della “Coppa Federale”, il C.R.E. organizzò anche il torneo denominato “Coppa Emilia” (se ne giocheranno due edizioni), con gli incassi devoluti ad enti benefici di assistenza ai combattenti. Il sunto di quegli anni difficili fu complessivamente lusinghiero: In realtà il nuovo Comitato Regionale non visse che pochi mesi. Per ragioni certamente legate alla situazione di guerra, nella stagione 1916-17 la gestione passò ad un Commissario Regionale nominato dalla F.I.G.C., il dr. Luigi Saverio Bertazzoni, arbitro federale e dirigente del Modena. E nell’autunno 1917 l’emergenza bellica impose definitivamente la cessazione di ogni attività; i soli tornei regolari in Emilia furono quelli dell’U.L.I.C. modenese, nato proprio in quelle settimane, che organizzò nel 1917-18 il primo “Torneo Emiliano” con quattro squadre. Del Comitato Regionale si ricominciò a parlare soltanto alcuni mesi dopo il termine del conflitto, poiché il caotico dopoguerra non favorì la ripresa delle manifestazioni sportive. Il 27 aprile 1919 il Consiglio Federale assegnò al prof. Casini la reggenza amministrativa e sportiva regionale emiliana in qualità di Commissario Federale, nell’attesa della regolare ricostituzione del Comitato. La gestazione di quest’ultimo fu assai faticosa, tanto che le difficoltà sorte suggerirono alla F.I.G.C. l’invio di un proprio emissario nella persona del consigliere rag. Mario Trinchieri, stretto collaboratore del Presidente Federale avv. Giovanni Mauro. Il 5 luglio 1919 Trinchieri presiedette a Bologna, nei locali del ristorante “San Pietro” in via Indipendenza, una riunione durante la quale tutte le società emiliane e mantovane convocate (una ventina) elessero all’unanimità il nuovo Comitato Regionale: Cesare Gibelli fu acclamato presidente, con Alessandro Oppi in qualità di segretario; entrambi erano dirigenti del Bologna F.C. Gli altri collaboratori risultarono: Enrico Sabattini (S.G. Fortitudo di Bologna) come cassiere; Cleto Raimondi (Audace F.C. di Bologna), Bruno Tommasi (Nazionale Emilia F.C. di Bologna), Giuseppe Pazzi (S.P.A.L. di Ferrara), Odoardo Gandolfi (Modena F.C.), Fernando Giordani (G.S. Bolognese), avv. Angelo Menini (A.C. Mantovana) come consiglieri. L’assemblea del 5 luglio 1919 resta comunque un evento importante, perché a partire da questa data il Comitato Regionale Emiliano funzionerà senza più alcuna interruzione, fino ai giorni nostri.


1926

Le mutate condizioni politiche indussero, oltre ai “cambi della guardia” nelle cariche delle varie federazioni sportive, anche novità formali, che dovevano segnare la definitiva affermazione del nuovo ordine fascista. Si è visto come il termine “Comitato”, retaggio della vecchia Italia democratica, fosse stato soppresso e sostituito da “Direttorio”, di stampo più rivoluzionario; ed anche la carica di “Segretario”, giudicata incompatibile con lo stile del nuovo regime, venne quasi ovunque abrogata. “Direttorio Regionale Emiliano” fu quindi la denominazione del nostro organismo calcistico a partire dal 2 agosto 1926. Al suo vertice era stato confermato (10 agosto) il prof. Luigi Pasquinelli, già presidente del C.R.E. dal 19 dicembre 1925, giorno in cui era stato eletto con un referendum postale (!) tra le società per sostituire il dimissionario M° Zanetti. Pasquinelli era stato un arbitro di ottimo spessore tecnico, e vantava già una pluriennale militanza calcistica nonostante avesse appena ventisette anni, non aderente al nuovo regime politico ma ugualmente stimato dalle gerarchie sportive del l’epoca per la sua riconosciuta competenza ed autorità. I ranghi del Direttorio Regionale furono invece energicamente sfoltiti, in considerazione degli emendamenti apportati dalla Commissione di Viareggio alle Carte Federali che prevedevano ora tre soli membri per regione. Inizialmente rimasero quindi in organico, oltre a Pasquinelli, il dr. Enrico Bassani di Ferrara e Coriolano Ferrini di Forlì, entrambi di nomina federale. L’ing. Gino Canevazzi di Modena e l’ing. Federico Sani di Ferrara assistevano il Direttorio come Fiduciari Regionali rispettivamente dell’U.L.I.C. e del C.I.T.A. (Federico Sani, qui alla sua prima carica ufficiale, avrà in seguito una luminosa e lunghissima carriera di dirigente arbitrale nazionale, presidente del C.I.T.A. stesso dal 1934, poi vice-presidente dell’A.I.A. e presidente della C.A.N. fino al 1958). Dal settembre 1928 Canevazzi e Sani entrarono comunque a far parte del D.R.E. come membri a tutti gli effetti. Tra l’altro all’inizio della seconda stagione del Direttorio, precisamente il 25 agosto 1927, fu ufficialmente consolidata la dipendenza delle società di Mantova dall’Emilia, iniziata un quindicennio prima, mentre Piacenza gravitava sempre più stabilmente sul Direttorio lombardo. Con l’occasione al D.R.E. fu anche assegnata la giurisdizione sportiva sulla vicina Repubblica di San Marino (ma per vedere all’opera squadre del Titano l’attesa si protrarrà oltre trent’anni...). In quello stesso periodo la schiera dei clubs emiliani affiliati ammontava a 43 unità (sulle 400 dell’intera F.I.G.C.), preceduta come importanza solo dai Direttori Lombardo, Ligure, Piemontese, e Veneto; per numero di tesserati, invece, con i suoi 1249 calciatori e 96 arbitri la nostra regione si poneva al quarto posto in Italia. Nonostante queste cifre abbastanza confortanti, gli otto anni durante i quali il D.R.E. fu guidato dal prof. Pasquinelli non furono dei più facili, sia per la già citata contrazione dei campionati minori a vantaggio di quelli su base nazionale, sia per la crisi economica che dal 1930 afflisse anche l’Italia costringendo un gran numero di società, soprattutto piccole, a chiudere i battenti, come si può in parte evincere dal riassunto qui riportato: Inoltre, pur avendo ereditato la 2.a Divisione, che divenne così regionale dal 1930-31 affiancandosi alla 3.a Divisione, i Direttori subivano in misura crescente la concorrenza dell’U.L.I.C., ente fondato durante la Grande Guerra da alcuni dissidenti, e sul quale vale la pena di fornire ragguagli maggiori, data l’importanza che esso ebbe nel movimento calcistico regionale e nazionale dell’epoca. L’”Unione Libera Italiana del Calcio” era nata a Milano il 1. settembre 1917 come naturale risposta al disinteresse mostrato dalla F.I.G.C. per i campionati giovanili, e conobbe subito una rapidissima diffusione soprattutto nel Nord Italia. Il suo fondatore, dr. Luigi Maranelli, ed il gruppo di pionieri che attuarono l’iniziativa costituirono una struttura simile a quella dei cosiddetti “enti di propaganda” dei giorni nostri, con tre campionati base (1.a / 2.a Categoria e Boys) dai costi contenuti, tesseramenti ed affiliazioni di semplicissima pratica, senza necessità di possedere un proprio campo di gioco grazie a varie convenzioni che consentivano l’utilizzo a turno di quelli esistenti. Poteva a richiesta essere organizzato qualunque tipo di torneo; abbastanza in voga anche il calcio a sette o sei giocatori, precursore dell’odierno “calcetto”. Notevole la presenza di sponsor, che spesso sovvenzionavano interi tornei, ed i cui marchi comparivano sulle maglie delle squadre già negli anni ’20. L’esempio di Maranelli fu raccolto subito a Modena da alcuni appassionati, tra cui l’ing. Gino Canevazzi, rilevante figura del calcio minore modenese, animatore e presidente della Lega Giovanile Emiliana nel secondo dopoguerra, Consigliere Nazionale della F.I.G.C. fino alla sua prematura scomparsa avvenuta il 19 ottobre 1957. Canevazzi ed altri collaboratori fondarono a Modena nell’ottobre 1917 il primo Comitato U.L.I.C. italiano, presidente il celebre sportivo Ettore Forghieri, facendo così sopravvivere il calcio nella nostra regione anche nei tristi mesi di guerra seguiti alla ritirata di Caporetto. I “liberi” traevano in parte origine dagli “indipendenti”, una forma di aggregazione sportiva ancora più aperta nata negli anni ’10, e che in Emilia aveva già dato vita ad alcuni campionati organizzati con tanto di vincitori provinciali. Perché questi calciatori si proclamavano “liberi” ? Perché, almeno inizialmente, non esisteva nemmeno l’obbligo del tesseramento, cioè del “vincolo” per eccellenza. In pratica, giocava chi voleva e quando voleva: più liberi di così... Dal 1918-19 si disputarono anche le finali nazionali, in cui l’Emilia dominò a lungo, rappresentata soprattutto dalle società modenesi. Nel 1921-22 una di queste, i Giovani Calciatori, portò per la prima volta l’ambìto titolo di Campione assoluto nella nostra regione, sconfiggendo sul terreno neutro di Como la U.S. Fert di Torino. Da notare che nella medesima giornata si giocarono sia le semifinali che la finalissima! L’anno seguente (1923) fu la volta del Villa d’Oro F.C., che giocando la finale a Modena si aggiudicò il titolo superando i milanesi della Fortitudo, ripetendosi poi la stagione successiva (1923-24) a Fiorenzuola d’Arda contro l’A.C. Lombardia. Nel 1924-25 il titolo rimase ancora sotto la Ghirlandina per merito della squadra dello S.C. Leoni, vincitrice a Torino sul terreno della locale Virtus, mentre nel 1927-28 salirono alla ribalta i mantovani della Libertas 23.a Legione Mincio, che nella finalissima di Arezzo prevalsero contro la Virtus Goliarda di Roma. In questi anni l’U.L.I.C. crebbe velocemente con la nascita di molti nuovi Comitati, tra cui Bologna, costituito il 7 ottobre 1922 da due giovani sodalizi di Borgo Panigale, l’A.P. Libertas e il Panigal S.C., e sviluppatosi poi dall’anno successivo con l’arrivo di Eraldo Corradini, Gualtiero Veronesi e soprattutto di Luigi Pasquinelli, reduce dalla sua prima esperienza come presidente del C.R.E. Sorsero in breve altri Comitati a Reggio Emilia, Piacenza e Parma, mentre a Ravenna operò nel 1924-25 la “Federazione Calcistica Romagnola Liberi” (F.C.R.L.), singolare quanto breve esperimento alternativo di autonomia calcistica. L’U.L.I.C. approdò ufficialmente in Romagna solo nel 1927 con il Comitato Provinciale di Forlì, cui fecero presto seguito ben altri sei Comitati: Ravenna, Faenza, Cesena, Rimini, Imola e Lugo. In campo nazionale la realtà “uliciana”, forte di oltre cinquecento società affiliate e migliaia di atleti in tutta Italia, superò un iniziale periodo di ostilità e concorrenza con la F.I.G.C., venendo dapprima riconosciuta come “collaboratrice nella propaganda sportiva” (1922), poi progressivamente in quadrata nella struttura federale. Qualche anno dopo il fascismo, che ne aveva intuito le potenzialità propagandistiche anche a scopo politico, se ne impadronì escogitando l’espediente di far vietare dal C.O.N.I. la contemporanea esistenza di due federazioni per lo stesso sport. Cosicché il 1. settembre 1927 la F.I.G.C. assunse la “protezione” dell’U.L.I.C., trasformandola in “Sezione Autonoma di Propaganda” pur mantenendone ancora l’originaria denominazione. L’U.L.I.C. si avvaleva di Comitati Provinciali e Locali (veri progenitori degli odierni organi provinciali della Federazione), governati da Consigli Direttivi eletti dalle società fino al 1927, in seguito nominati d’autorità dal Direttorio Federale; nella nostra regione l’U.L.I.C. arrivò fino a quindici Comitati Provinciali e Locali, quasi la metà dei quali in Romagna. Come già accennato, inizialmente fu Modena a segnalarsi particolarmente per l’importanza del movimento “uliciano” (alle quattro citate vittorie nazionali dei primi anni ’20 si aggiunse quella della Pro Calcio nel 1931, vincitrice sulla compagine dalmata della S.G. Zara), mentre dalla metà degli anni ‘30 in poi la scena regionale fu nettamente dominata dalle squadre della provincia di Parma, dove tra l’altro funzionò per qualche tempo anche un Comitato Locale a Fidenza. Ma la parola “liberi”, rimasta nella denominazione dell’Ente, infastidiva ancora qualcuno e, con il “giro di vite” imposto dal regime a tutto lo sport italiano tra il 1933 e il 1934, si provvide anche ad eliminare tale stonatura: l’U.L.I.C. diventò semplicemente “Sezione Propaganda della F.I.G.C.”, tutti i Comitati Locali vennero soppressi e sostituiti con i Direttori Provinciali, che in Emilia Romagna furono stabiliti in numero di otto, uno per ogni capoluogo (23 ottobre 1934).


1933

Il “Direttorio di Zona” (1933 - 1945) I campionati in camicia nera La caduta in disgrazia di Leandro Arpinati, che nel maggio 1933 aveva dovuto lasciare la Presidenza nazionale della F.I.G.C. ed era stato successivamente posto al confino politico, aveva provocato un piccolo terremoto nei quadri calcistici, investiti a tutti i livelli da una catena di dimissioni ed allontanamenti a cui non poteva evidentemente sfuggire neppure il Direttorio Regionale Emiliano. Il prof. Pasquinelli fu estromesso nel corso della stagione 1933-34, mentre poco prima di lui se ne erano andati il dr. Enrico Bassani e il marchese Pasquale Cattani, rei forse di non essere così affidabili sul piano politico come su quello sportivo. L’obbiettivo del completo controllo dello sport nazionale veniva perseguito dal fascismo anche attraverso mutamenti solo all’apparenza formali. Così per ordine del C.O.N.I. dal 24 agosto 1933 la parola “Regione” sparì da tutte le federazioni sportive, rimpiazzata dal militaresco termine “Zona”. In Emilia, quindi, con la stagione 1933-34 (comunicato ufficiale n. 3 del 12 settembre 1933) si insediò il Direttorio della VII. Zona, i cui membri furono poi nominati direttamente dalla Presidenza Federale il 2 ottobre 1933. “Dimissionato” al principio del 1934 il suo iniziale presidente, il Direttorio fu affidato dal 24 gennaio al rag. Carlo Mazzantini, già Consigliere Federale e nominato alla massima carica emiliana dallo stesso Direttorio Federale della F.I.G.C. In realtà, verso il 15 gennaio il prof. Pasquinelli aveva chiesto un “congedo temporaneo” per motivi professionali, e Mazzantini era stato inviato per sostituirlo “nel periodo di sua assenza”. Sta di fatto che dopo pochi mesi a Pasquinelli fu ingiunto di restituire la tessera! Restavano invece confermati gli altri componenti del nostro Direttorio, che erano l’ing. Gino Canevazzi, il dr. Bruno Lunardi, Coriolano Ferrini e il rag. Eraldo Corradini, quest’ultimo in rappresentanza del C.I.T.A., l’organizzazione arbitrale. Nell’ottobre 1933 intanto il Direttorio si era trasferito in quella che può definirsi la prima vera sede degna di questo nome: due piccoli locali in affitto nella “Sala Borsa” in via Ugo Bassi a Bologna. Fino a quella data, infatti, il Comitato Regionale prima ed il Direttorio poi erano stati organismi di dimensioni talmente ridotte da non giustificare spese per una stabile sistemazione. Era invalso così l’uso che il recapito del nostro ente calcistico fosse presso l’abitazione stessa del presidente, il quale in tal modo godeva anche della comodità di avere sempre tutti i (pochi) documenti necessari a portata di mano. Il prof. Luigi Pasquinelli teneva il D.R.E. nello studio di casa, in via San Felice a Bologna, con una macchina da scrivere ed una semplice cassettiera attrezzata a schedario per contenere i cartellini degli atleti ed i rapporti arbitrali. Nelle rare occasioni in cui serviva un locale più ampio, come per la convocazione annuale dell’Assemblea delle società (cessata comunque nel 1925), ci si appoggiava a locali pubblici quali caffè, ristoranti o teatri. Riportiamo l’elenco dei numerosi recapiti avuti dal Comitato Regionale prima del 1933: DAL INDIRIZZO 1. febbraio 1910 Via Spaderie 6 - BOLOGNA Primavera 1911 Bar Libertas, Via Ugo Bassi 13 - BOLOGNA (??) Autunno 1911 (°) c/o cav.uff.dr. Francesco Müller-Carmini 2615-S.Marco-VE Gennaio 1913 c/o Leone Vicenzi - Via Santa Margherita 3 - BOLOGNA Estate 1913 (°) Hotel Cavalletto - San Marco - VENEZIA Estate 1914 (°) Corso Principe Umberto 876/25 - VICENZA Autunno 1914 (°) Casella Postale 265 - PADOVA Autunno 1915 Casella Postale 104 - MODENA 2 gennaio 1916 c/o prof. Luigi Casini - Via Prampolini 8 - MODENA Autunno 1916 Casella Postale 4 - BOLOGNA 27 aprile 1919 c/o prof. Luigi Casini - Via Prampolini 8 - MODENA 5 luglio 1919 c/o Cesare Gibelli - Via de’ Musei 1 - BOLOGNA 11 luglio 1921 Via Saffi 21 - BOLOGNA (§) 19 settembre 1921 c/o rag. Angelo Orlandi - via Ugo Bassi 1 int. 14 - BO 13 dicembre 1921 c/o prof. Luigi Pasquinelli - via dell’Osservanza 151 - BO 1. aprile 1922 Via Saffi 21 - BOLOGNA (§) 13 luglio 1923 c/o Farmacia del Corso - via Santo Stefano 38 - BOLOGNA 1. settembre 1923 Via Saffi 21 - BOLOGNA (§) 28 settembre 1926 c/o prof. Luigi Pasquinelli - via Saffi 121 - BOLOGNA (§) 24 ottobre 1933 Via Ugo Bassi 2 - Locali Borsa 25 B (poi 26 B dal 1935) (°) Comitato Regionale Veneto - Emiliano. (§) Questo tratto di via Saffi è l’odierna via San Felice. NOTA : in seguito alla requisizione militare della “Sala Borsa”, il Comitato si trasferì per due brevi periodi in via Clavature (presso il C.O.N.I.) nell’inverno 1944-45, ed il via Toscana 83 (campo sportivo “A.Badini” - Sterlino) nell’estate 1945. La suggestiva scenografia della “Sala Borsa”, in via Ugo Bassi a Bologna, dove nell’ottobre 1933 si trasferì il Direttorio della VII. Zona (Emilia). I due locali da esso occupati si trovavano nel piano più alto, indicati dalla freccia. Dopo la guerra vi trovarono posto la Lega Regionale Emiliana, la Lega Giovanile e il Settore Giovanile, quest’ultimo fino al 1972. Sembra che in un primo tempo in “Sala Borsa” il locale fosse uno solo, e che come ricordava il cav. Alberto Stagni, collaboratore del D.R.E., gli spazi fossero tanto ristretti da costringere l’addetto a battere il comunicato ufficiale tenendo la macchina da scrivere sulle ginocchia... Proprio con l’intento di rendere più regolare e dignitosa la gestione del Direttorio, dal 1. novembre 1934 fu assunto in pianta stabile anche un impiegato (*) con le mansioni di “addetto alla Segreteria”, il che consentì di mantenere l’ufficio aperto al pubblico tutti i giorni lavorativi dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 20. Inizialmente, tuttavia, nemmeno la nuova compagine dirigenziale emiliana ebbe vita facile, alle prese con perduranti ristrettezze economiche che nel 1934-35 ridussero ai minimi termini i campionati regionali. Inoltre le avventure coloniali italiane in Africa, con il servizio militare elevato alla durata di tre anni, sottrassero migliaia di giovani alla pratica sportiva danneggiando soprattutto le compagini minori. (*) si trattava di Guido Soldaini, bolognese di adozione (era di Savona, classe 1888), distintosi in precedenza come socio del Bologna F.C. (dal 1920), giornalista per il periodico La Voce Sportiva (1924-25) e membro del Comitato Regionale Emiliano (1925-26); come tanti altri si trovò forse in diffi coltà durante la crisi economica di quegli anni. La ripresa dopo gli anni difficili Un primo aiuto venne dalla creazione della “Serie C” (1935), in conseguenza della quale la 1.a Divisione fu trasferita ai Direttori di Zona rinsanguando un poco il numero di società dipendenti. Un’accorta politica promozionale, poi, attirò nei campionati regionali numerose formazioni sportive del regime: la convenzione che riduceva del 50 % tutte le tasse federali, già operante dal 1932 tra F.I.G.C. e “Fasci Giovanili di Combattimento”, fu estesa il 21 dicembre 1935 anche ai gruppi sportivi studenteschi. Fra i nomi delle squadre divennero così familiari sigle quali G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio), G.U.F. (Gruppo Universitario Fascista) e O.N.D. (Opera Nazionale Dopolavoro), enti che godevano del supporto economico del partito e della partecipazione volontaria e numerosa di giovani atleti. Molto interessanti le iniziative studiate per favorire le esperienze sportive interregionali anche a questi livelli; era popolare il “Torneo Nazionale della G.I.L.”, che con formula ad eliminazione diretta metteva di fronte complessivamente un centinaio di rappresentative provinciali di tutta Italia, e che alla seconda edizione (1937-38) fu vinto dalla G.I.L. di Forlì. In conseguenza del risveglio calcistico, nella nostra regione fu rinforzata la composizione del Direttorio con l’ingresso dal 1937 di altri membri capaci ed esperti, alcuni dei quali (Stagni, Giovanoni, Martelli) daranno prova anche nel dopoguerra della loro competenza. La crescente popolarità del calcio, alimentata dai due successi mondiali della Nazionale italiana nel 1934 e nel 1938, nonché una generale ripresa economica fecero il resto: il quinquennio 1935-1940 vide una decisa inversione di tendenza facendo ascendere il numero di società emiliane federate alla cifra sino allora mai raggiunta di 60 unità, oltre a circa 200 affiliate alla “Sezione Propaganda”; le gare organizzate per i campionati federali nell’ultima stagione del tempo di pace furono oltre 500. Le statistiche del periodo evidenziano il notevole risultato del 1938-39. Vale la pena di ricordare che il Direttorio organizzò sempre un campionato regionale Ragazzi (ed anche Allievi, quando possibile) per giocatori tra i quattordici ed i diciassette anni, senza però mai raccogliere grandi adesioni per le impegnative trasferte previste. Di norma vi partecipavano solo le compagini delle serie superiori, mentre la quasi totalità dell’attività giovanile si svolgeva a livello provinciale, dapprima ad appannaggio dell’U.L.I.C., poi della Sezione Propaganda. D’altra parte la F.I.G.C., per voce del suo Segretario ing. Ottorino Barassi, si era già espressa ufficialmente in termini sfavorevoli alla pratica dello sport agonistico per i ragazzi di età inferiore ai quattordici anni, non opponendosi a che altri Enti organizzassero competizioni per calciatori adolescenti (all’epoca denominati Pulcini), ma ponendo vincoli e limiti quali l’obbligo di tempi di gioco ridotti, il divieto di disputare partite nei mesi invernali, o comunque in caso di maltempo, ecc. Come funzionava il Direttorio A questo punto probabilmente è giusto accennare al funzionamento del Direttorio di sessant’anni fa, per dare modo di valutare le sostanziali differenze con omologhe funzioni, strutture e dimensioni dell’odierno Comitato Regionale. L’epoca a cui si fa riferimento, intorno al 1940, vedeva il Direttorio della VII. Zona (Emilia) presieduto dal rag. Carlo Mazzantini, che si avvaleva della collaborazione di cinque membri effettivi: Gesù Martelli (rappresentante arbitrale), Giorgio Giovanoni, Eraldo Corradini, Filiberto Solli e Alberto Stagni. La stagione sportiva andava da settembre a giugno, ma in realtà i tornei erano molto più brevi, raramente superandosi le venticinque giornate di campionato, gironi finali compresi. Nel clima “littorio” dell’epoca anche le riunioni degli Enti federali erano state trasformate in “sedute”, termine che, pur senza cambiare minimamente la sostanza delle cose, dava però un’impressione di maggior solennità e disciplina. Ad inizio stagione avveniva una prima seduta in cui si insediava formalmente il Direttorio, anche se non si trattava di una assemblea del tipo quale noi oggi conosciamo, in quanto ogni forma di partecipazione diretta delle società era stata soppressa fin dal 1926. Di fatto, in questa riunione il presidente rendeva solo nota la composizione del Direttorio, ai cui membri (di esclusiva nomina della Presidenza Federale) poteva tutt’al più attribuire cariche interne come quella di cassiere. L’annuale premiazione delle squadre vincenti i campionati, che di preferenza avveniva nella giornata festiva del 28 ottobre (anniversario della “marcia su Roma”), era effettuata al Palazzo Re Enzo di Bologna alla presenza di autorità sportive, politiche e civili, e costituiva l’unico momento di partecipazione e di contatto tra l’ente calcistico regionale e le sue società, altrimenti sempre subordinate ad un gerarchico rapporto di obbedienza assoluta. Il Direttorio della VII. Zona di norma si riuniva collegialmente un giorno alla settimana, solitamente il martedì sera, per la disamina dei rapporti arbitrali e dei reclami, per la redazione del Comunicato Ufficiale e per quant’altro riguardasse l’organizzazione dei campionati. La partecipazione alle sedute era obbligatoria per tutti i membri effettivi del Direttorio ed a loro esclusivamente riservata, salvo la presenza di un rappresentante della classe arbitrale nella persona del Fiduciario C.I.T.A. che, tra l’altro, riceveva l’elenco delle gare per le quali il C.I.T.A. stesso doveva provvedere a designare gli arbitri. Non esistendo la figura del “giudice sportivo”, l’amministrazione della giustizia avveniva sotto la supervisione del presidente le cui attribuzioni, secondo le rare testimonianze pervenute, spaziavano dalla irrogazione delle sanzioni punitive alla omologazione dei risultati, anche se è plausibile che alcuni di questi compiti fossero materialmente svolti da altri membri. Durante la medesima riunione, data l’assenza di istituti quali la Commissione Disciplinare e la C.A.F., venivano esaminati anche i reclami, che una volta rigettati non potevano più essere riproposti. In chiusura di serata si trattavano le poche pratiche provenienti dalla Sezione Propaganda, della quale il Direttorio costituiva anche l’organo di secondo ed ultimo grado di giudizio. I reclami delle società spesso vertevano su aspetti tecnici (di solito presunti errori arbitrali), cosa all’epoca ammessa e frequente; in questo caso interveniva il C.I.T.A. regionale che, richiesti i necessari chiarimenti all’arbitro, dava in seguito il suo inappellabile responso. Erano piuttosto rare, invece, le proteste delle società contro sanzioni disciplinari o pecuniarie, essendo evidentemente inopportuno mettere in discussione l’equità di giudizio del presidente o del Direttorio stesso. Il compito di questi ultimi era comunque facilitato sia dall’esiguo numero dei rapporti arbitrali da esaminare (in media una ventina per serata), sia dalla sostanziale disciplina che regnava dentro e fuori i terreni di gioco, con pochi atleti ammoniti ed ancor meno espulsi. I problemi per i nostri dirigenti regionali di quell’epoca erano semmai di ordine più materiale e quotidiano. In generale, rispetto ad oggi si aveva molto meno tempo libero a disposizione: la sera della seduta si saltava la cena e si rincasava tardi! Inoltre i membri del Direttorio che non risiedevano a Bologna si vedevano costretti ad ulteriori sacrifi ci, essendo disagevole a quei tempi anche un semplice tragitto da Ravenna o da Parma, tenuto conto che dopo la riunione bisognava pur tornare a casa, e che l’automobile restava un lusso di pochi privilegiati. Tuttavia i sacrifici, quelli veri, dovevano ancora arrivare... Il Direttorio in guerra Quando l’Italia entrò nella seconda guerra mondiale si erano appena conclusi i tornei del 1939-40. Com’è noto, la situazione di belligeranza non fermò il calcio, che dopo alcune esitazioni riprese la propria attività: il regime fascista aveva infatti stabilito che il grande spettacolo calcistico proseguisse, e quindi i calciatori per il momento non sarebbero andati al fronte. Ma se esoneri più o meno giustificabili vennero generosamente concessi nelle tre serie nazionali (“A”, “B” e “C”), ben diversamente stavano le cose ai livelli più bassi, dove i richiami alle armi assottigliarono progressivamente i ranghi delle squadre minori che più delle altre si servivano di atleti in età militare, e che in pratica non usufruirono di alcun trattamento di favore. In Emilia la situazione era fedelmente rispecchiata dalla netta contrazione delle iscrizioni ai campionati regionali 1940-41, ridotti dall’anno seguente alla sola 1.a Divisione e alla categoria Ragazzi. Perfino alcuni membri del Direttorio furono richiamati alle armi, sia pure per brevi periodi, creando qualche problema di funzionamento poi superato. Nel 1942-43 il Direttorio si vide costretto ad im mettere nel campionato federale anche squadre della “Sezione Propaganda” onde sopperire alla ca ren za di società che, una dopo l’altra, stavano sparendo soprattutto per mancanza di giovani atleti. Nel 1943, in estate, la situazione precipitava: caduto il fascismo in luglio, l’armistizio dell’8 settembre non riportò la pace, ma determinò almeno il ritorno di una certa normalità, tanto che un paio di mesi dopo la F.I.G.C., trasferitasi da Roma a Venezia, bandì nell’Italia del Centro-Nord un cosiddetto “Campionato di Guerra”, la cui fase regionale doveva essere organizzata dai Direttori di Zona. Nella VII. Zona (Emilia) la ripresa fu più lenta che in altre regioni: i bombardamenti aerei avevano già colpito diverse città, ed anche le comunicazioni si erano fatte precarie. Solo l’intervento del commissario del C.O.N.I., sollecitato dalla F.I.G.C., aveva consentito al Direttorio emiliano di ricominciare a funzionare (11 dicembre 1943) mettendo in cantiere il “Campionato Regionale Misto di Divisione Nazionale”, prescritto dalle gerarchie sportive federali alcune settimane prima. Le formazioni partecipanti furono diciannove, tra cui anche i liguri del 42.o Corpo Vigili del Fuoco di La Spezia, destinati poi a conseguire la vittoria finale di questo “Campionato di Guerra” 1943-44. Inutile aggiungere che il torneo si svolse in mezzo a difficoltà di ogni genere, arrivando miracolosamente al termine nel giugno 1944. Stante l’aggravarsi della situazione bellica, poi, un mese dopo (30 luglio) le autorità politiche nazionali decretarono la sospensione di qualsiasi attività sportiva, autorizzando per il 1944-45 solo tornei calcistici locali a scopo benefico. D’altra parte la nostra regione si trovava già nell’impossibilità di organizzare alcunché, martoriata dagli attacchi aerei e dalla lotta partigiana, tagliata in due dal fronte di guerra che in novembre si era attestato sul confine tra l’Emilia e la Romagna, rimanendovi per tutto l’inverno. A Bologna il Direttorio sopravviveva alla meno peggio, pur in assenza totale di attività, quando nel corso del 1944 gli occupanti tedeschi lo sfrattarono dai locali della “Sala Borsa”. Trovata temporanea ospitalità presso l’ufficio del C.O.N.I. in via Clavature, solo a fine febbraio 1945 potè rientrare nella sede legittima lasciata libera dai tedeschi in procinto di ritirarsi dal capoluogo emiliano. In tutto il 1944-45 un solo Comunicato Ufficiale fu diramato, il 2 marzo 1945, giusto per ricordare alle società di pagare ugualmente la tassa di affiliazione alla F.I.G.C. anche per la stagione in corso... Meno di due mesi dopo il Direttorio della VII. Zona cessava definitivamente di esistere.


1945

G - LA LEGA REGIONALE La“Lega Regionale” (1945 - 1959) Ricostruzione : il “Comitato Provvisorio Emiliano” L’11 maggio 1945, trascorsi appena venti giorni dalla Liberazione, si costituì a Bologna un “Comitato Provvisorio Emiliano” della F.I.G.C., in sostituzione del cessato Direttorio della VII. Zona. Reggeva il nuovo organismo un triumvirato formato dal prof. Luigi Pasquinelli e da due famosi arbitri bolognesi, Giorgio Bernardi e Giovanni Galeati. Pasquinelli era rientrato avventurosamente a Bologna solo nel febbraio 1945, dopo drammatici mesi trascorsi come sfollato a Càsola Valsenio, paese natale della moglie, ma posizionato proprio a ridosso della “Linea Gotica” e raso al suolo dai combattimenti. Nell’euforia dei primi giorni di pace (aprile - maggio 1945) era riemersa ovunque una forte passione sportiva: le società emiliano-romagnole volevano organizzare subito un campionato regionale! L’idea di ricorrere a Luigi Pasquinelli originò senza dubbio da quei dirigenti che lo avevano conosciuto ed apprezzato come presidente prima dell’U.L.I.C., poi del Comitato e del Direttorio Emiliano. Inoltre egli non era in alcun modo compromesso con il cessato regime, da cui era stato costretto a lasciare la dirigenza regionale nel 1934; rimasto ugualmente alla F.I.G.C., nel 1939 era stato nominato presidente del Gruppo Arbitri bolognesi, dove divenne amico personale dei maggiori fischietti dell’epoca. Non volendo servirsi, per evidenti ragioni di opportunità, di membri dell’ex-Direttorio (nonostante alcuni di essi sarebbero stati ben presto riabilitati), Pasquinelli ricorse quindi a Giorgio Bernardi e Giovanni Galeati, arbitri all’epoca assai noti per competenza e probità, ed il cui prestigio doveva contribuire soprattutto all’immagine di credibilità e stima del costituendo nuovo organo calcistico emiliano-romagnolo. Constatata l’impossibilità di dare vita ad un regolare campionato regionale per il disastroso stato delle vie di comunicazione, il neonato Comitato Provvisorio organizzò comunque (giugno - luglio 1945) un torneo provinciale, intitolato al giovane arbitro Armando Ungarelli deceduto tragicamente in guerra, torneo che vide la partecipazione di ben 24 squadre, più altre nella categoria Ragazzi. Intanto nell’Italia liberata del centro-sud, dove già da un anno si era ricostituita la F.I.G.C. sotto la reggenza dell’indimenticabile Fulvio Bernardini, fin dal 1° agosto 1944 erano stati ufficialmente ripristinati i Comitati Regionali in luogo dei Direttori di Zona. Passata poi la reggenza federale all’ing. Ottorino Barassi, nel mese di giugno 1945 fu stabilito che entro il 31 luglio successivo dovevano convocarsi in ogni regione le assemblee delle società per eleggere e costituire le Leghe Regionali, nuovi enti ideati in sostituzione dei Comitati e dei Direttori soprattutto per sancire la definitiva rottura con il passato. Il “Comitato” diventa “Lega” Nonostante le grandi difficoltà di quella prima estate del dopoguerra, in Emilia Romagna moltissime furono le richieste di affiliazione, sia di nuovi clubs che di vecchi sodalizi già cancellati dal fascismo o dalle vicende belliche. Finalmente sabato 21 luglio 1945 si svolse a Bologna, al Caffè “Teatro” di via Zamboni 26, la prima assemblea regionale delle società dopo vent’anni di regime, senza dubbio la più affollata che si fosse mai vista, sebbene le cronache non ci abbiano tramandato l’elenco completo dei partecipanti. Essa doveva costituire i quadri calcistici regionali secondo quanto stabilito dal Consiglio Federale della F.I.G.C., avviando così il processo di rinascita e ricostruzione sportiva. In realtà da questa prima votazione postbellica sortì più una parziale “restaurazione” dell’epoca anteriore al fascismo piuttosto che un radicale rinnovamento. Scontata la vittoria del prof. Luigi Pasquinelli per la presidenza, nella composizione del nuovo Consiglio Direttivo si trovavano veri pionieri come Severino Taddei (ex-arbitro federale, socio fondatore ed atleta della Reggiana nel 1919, fondatore e sostenitore per anni del Comitato Provinciale U.L.I.C. a Reggio Emilia) e Giovanni Gonani, egli pure già arbitro di ottimo livello ed animatore dei “liberi” a Ravenna fin dagli anni ’20. Ma furono anche eletti i bolognesi Alberto Stagni e Giorgio Giovanoni, componenti del Direttorio di Zona dalla seconda metà degli anni ’30, e ciò a garantire la saldatura con il recente passato, almeno per quanto di positivo esso poteva avere prodotto. Con l’occasione venne pure ratificata la prescritta nuova denominazione di Lega Regionale Emiliana, con sede confermata a Bologna nei locali della “Sala Borsa”. La prima stagione calcistica emiliano-romagnola del dopoguerra fu estremamente promettente come partecipazione di società e risultati economici conseguiti, ad onta di alcuni segnali contraddittori. Per fare fronte alle aumentate esigenze organizzative la Lega Regionale cominciò anche ad avvalersi di collaboratori esterni, soprattutto giovani, che pur non figurando nell’organico ufficiale in quanto non tesserati, ugualmente svolgevano un importante ruolo di complemento, senza contare che proprio in questo modo alcuni dei futuri quadri dirigenziali regionali iniziarono la loro partecipazione alla vita sportiva federale. Nel 1946 il passaggio di Luigi Pasquinelli alla presidenza della “Commissione di Appello Interregionale” del Centro-Italia determinò il primo cambio della guardia al timone della Lega Emiliana. Dall’assemblea del 20 agosto emerse come presidente regionale il volto nuovo dell’avv. Renzo Lodi, a cui fu affiancato in qualità di segretario un superstite della “vecchia guardia”, il rag. Giorgio Giovanoni, di più che decennale esperienza. Come primo effetto della ripristinata regolarità dei campionati, il 1946-47 portò in Emilia Romagna un ulteriore aumento dell’attività calcistica, con ben 158 società affiliate e circa 300 nella “Sezione Propaganda”, cifre più che doppie rispetto all’anteguerra. Tale numero era destinato ad aumentare, poiché l’Assemblea Nazionale della F.I.G.C. tenutasi a Perugia nel luglio 1947 sancì lo scioglimento della “Sezione Propaganda” stessa, le cui società confluirono in buona parte nella neonata “Lega Giovanile”, ed in misura minore nei quadri federali. I campionati della Lega Regionale Emiliana nel 1947-48 videro così al via 56 squadre di 1.a Divisione e 76 di 2.a Divisione, oltre ad un numero non precisabile di formazioni giovanili ed Amatori. L’incremento dell’attività portò all’organizzazione di un numero di gare mai fino allora raggiunto: si pensi che nei soli primi tre tornei del dopoguerra si giocarono in regione quasi più partite ufficiali di quante se ne erano viste durante tutti i precedenti trentacinque anni di esistenza del Comitato! Questa vertiginosa ed inattesa crescita determinò alcune disfunzioni, come l’inevitabile presenza sui campi di gioco di atleti, di dirigenti e purtroppo anche di qualche arbitro non all’altezza della situazione. Vi furono infatti, soprattutto nel 1945-46, numerosi ed insoliti atti di violenza e indisciplina, oltre a due gravi casi di corruzione, tristi eredità della guerra che richiesero draconiane misure di repressione e punizioni esemplari. In seguito alle violenze subìte su un campo romagnolo, gli arbitri bolognesi proclamarono il 23 dicembre 1945 uno sciopero di protesta, replicato poi esattamente due anni dopo per fatti analoghi avvenuti ad Ancona (Serie B). Tutto ciò era comunque in linea con quanto avveniva nel resto della nazione, e d’altronde la situazione disciplinare andò poi normalizzandosi nel corso delle due stagioni successive. La Lega Giovanile Alcuni problemi, intanto, si profilavano con la nascita (15 settembre 1947) della nuova Lega Giovanile, organizzata ricalcando le strutture della cessata “Sezione Propaganda” da cui, almeno nella nostra regione, ereditò collaboratori e dirigenti. Il modenese ing. Gino Canevazzi fu il primo presidente del Comitato Regionale Emiliano di L.G., costituito nell’autunno 1947, mentre il rag. Giancarlo Pasquinelli (fratello del prof. Luigi Pasquinelli) ne fu per anni segretario e consigliere. I Comitati Provinciali e Locali di L.G. erano presieduti inizialmente da: prof. Rito Valla (Bologna), cav. Giuseppe Turbiani (Ferrara), Giovanni Lolli (Forlì), Giuseppe Andreani (Mantova), Clodomiro Magelli (Modena), Oreste Bernardi (Parma), Ivo Nanni (Ravenna), Ugo Valli (Reggio Emilia), dr. Pietro Marcatelli (Cesena) e Renato Forlai (Rimini). In generale, questi enti agivano in maniera talmente autonoma rispetto alle Leghe Regionali da creare situazioni quasi concorrenziali, poiché anche le Leghe Regionali organizzavano campionati Juniores e Ragazzi. Inoltre alla Lega Giovanile era attribuito un proprio sistema di affiliazione, associazione e tesseramento ben diverso e separato da quello federale. L’inevitabile confusione era accentuata dalla presenza, a partire dal 1948, di alcuni “Commissari Provinciali” dipendenti dalla Lega Regionale, insediati a Modena (rag. Clodomiro Magelli), Bologna (dr. Giorgio Costa), Mantova (Guido Quarantini) e Forlì (rag. Alvaro Bentivogli), delegati principalmente a rappresentare in periferia la Federazione soprattutto per pratiche di tesseramento, affiliazione, ecc., risparmiando così alle società viaggi assai onerosi per quei tempi. Inoltre l’abnegazione e l’iniziativa di questi pionieri del calcio locale consentiva loro anche di sovraintendere a compiti più complessi, come l’organizzazione del campionato Amatori e di altri tornei locali. Nonostante questa diffusa presenza della F.I.G.C., le piccole società si indirizzarono spesso anche verso l’Unione Italiana Sport Popolare (U.I.S.P.) e il Centro Sportivo Italiano (C.S.I.), le cosiddette “polisportive nazionali” nate nell’immediato dopoguerra ed affermatesi ben presto specialmente in talune province della nostra regione, dove l’impegno politico era avvertito quanto e più di quello sportivo. Fu proprio per contrastare l’attività dei due nuovi Enti che la Federazione nel 1948 ideò il campionato Amatori, ma la concorrenza era già tanto forte da consentire solo a Bologna, Forlì, Modena e Mantova la disputa peraltro saltuaria del nuovo torneo, non essendosi mai raggiunto altrove il numero minimo di adesioni necessarie. Ci vorrà oltre un decennio per arrivare, tra la F.I.G.C. ed i due Enti di Propaganda, ad un accettabile convenzione di compromesso, che porrà le basi per una più pacifica convivenza e della quale si dirà più ampiamente in seguito. Una nuova sede per un nuovo presidente Il quadriennio 1948-1952 rappresentò un positivo periodo di crescita per la Lega Regionale Emiliana, abilmente guidata dall’avv. Renzo Lodi le cui doti si andavano imponendo all’attenzione della dirigenza nazionale. In sintesi, al progressivo innalzamento del livello tecnico e disciplinare dei campionati si accompagnò una situazione finanziaria soddisfacente, merito delle costanti attenzioni, secondo lo stesso presidente della L.R.E., di tutti i responsabili sia della Federazione che delle società. Questa la composizione del nostro organismo regionale in quegli anni: Presidente: avv. Renzo Lodi; segretario: M° Gustavo Zini; componenti: p.i. Corrado Gotti, dr. Claudio Bonetti, dr. Mirko Lazzari e Severino Taddei; Fiduciario Arbitri Regionali (F.A.R.): rag. Luigi Galli, poi sostituito da Gualtiero Veronesi. Quanto alle squadre partecipanti ai campionati regionali, il loro numero si era attestato sulle 130 unità per stagione. All’inizio degli anni ’50, inoltre, stava per essere varata una ulteriore, grande riforma del calcio italiano. Essa prese il via a Firenze l’8 e 9 giugno 1951, quando il “Consiglio delle Leghe”, nella sua annuale riunione, deliberò il nuovo ordinamento dei campionati che, a partire dalla stagione 1952-53, avrebbe interessato tutti i tornei, dalla Serie A alla 2.a Divisione. Il 26 giugno 1951 il Presidente Federale ing. Ottorino Barassi ratificava il deliberato di Firenze (con questo suo intervento la riforma prese il nome di “lodo Barassi”), mentre il definitivo suggello lo diedero i presidenti delle Leghe Regionali ed Interregionali nell’assemblea tenutasi a Roma il 15-16 settembre. La drastica riduzione delle compagini partecipanti alle prime tre serie nazionali (54 squadre in tutto tra Serie A, B e C) doveva creare, nelle intenzioni dei riformatori, una lega di élite per il futuro “Nucleo Professionale”, con la nuova Quarta Serie (“Nucleo Non Professionale”) a fare da cuscinetto verso il calcio dilettantistico. In tal modo sarebbe stato favorito anche l’ampliamento delle Leghe Regionali, a cui avrebbe contribuito soprattutto la nascita del campionato di Promozione e l’istituzione di ulteriori Commissariati Provinciali e Locali per uno sviluppo più capillare dell’attività calcistica. La 2.a Divisione avrebbe avuto carattere provinciale, sostituendo il torneo Amatori, e si sarebbe anche indetto, in via sperimentale, un campionato regionale Ragazzi (dai 14 ai 16 anni), nonostante le perplessità già manifestate dalla Lega Giovanile. Alla riforma dei campionati la F.I.G.C. accompagnò provvedimenti atti a promuovere e migliorare la diffusione dei princìpi tecnici del gioco del calcio, diretti soprattutto agli operatori dell’attività minore. Nella primavera 1952 furono indetti i “Corsi provinciali di istruzione tecnica” presso le sedi di alcuni Comitati Regionali, tra cui quello Emiliano. A Bologna il corso, primo di una serie che sarebbe durata per anni, si svolse nel mese di aprile 1952, con relatori di provato valore quali l’avv. Renzo Lodi in persona, il presidente della Commissione per le Carte Federali prof. Luigi Casini, il noto preparatore atletico prof. Cesare Garulli ed i medici sportivi prof. Maccolini e dr. Giorgio Costa. Per coincidenza, sempre nel 1952 si concentrarono altri due eventi di rilevante importanza per il nostro ente: l’apertura della nuova sede a Bologna e l’avvento di Gustavo Zini alla presidenza. La coesistenza di tutti gli organi calcistici regionali e giovanili negli angusti locali della “Sala Borsa” era diventata ormai problematica, tanto che il 1° settembre 1950, nel corso dell’assemblea ordinaria delle società emiliano-romagnole, era stato votato un ordine del giorno chiedendo un sollecito intervento della Federazione. Fu lo stesso presidente Lodi a reperire, in collaborazione con il C.O.N.I., la nuova sede di piazza XX Settembre 1, a Bologna, disponibile già dal 7 settembre 1951, quando vi si tenne l’assemblea regionale, ma attivata ufficialmente solo il 18 marzo 1952. In “Sala Borsa”, comunque, la F.I.G.C. rimase ancora per altri vent’anni con il Settore Giovanile. Proprio durante il 1952 si stava preparando anche il ricambio alla presidenza della L.R.E., essendo ormai chiaro che l’avv. Lodi, comunque in scadenza di mandato e sempre più assorbito da impegni di lavoro, avrebbe rimesso il proprio incarico alle società. Così nell’assemblea di Bologna, il 30 agosto 1952, per la massima carica emiliana si affrontarono due candidati: Gustavo Zini ed Enrico Sabattini, quest’ultimo vecchia volpe dello sport regionale dal più che trentennale passato calcistico, già nel C.R.E. sul finire degli anni ’10, arbitro per alcuni anni, poi accompagnatore ufficiale del Bologna F.C., e rientrato nell’ente dilettantistico emiliano subito dopo la guerra. Sul filo dell’incertezza Gustavo Zini la spuntò per un solo voto di vantaggio, essendo stata forse decisiva, oltre all’autorevole presentazione del presidente uscente, la sua più giovane età; Zini divenne in tal modo il nono presidente emiliano, il terzo della Lega Regionale. L’assemblea confermò poi il Consiglio Direttivo precedente, salvo l’ingresso di Guido Quarantini (Mantova) in sostituzione di Zini e la nomina di Corrado Gotti a segretario. Renzo Lodi passava invece al Consiglio Nazionale delle Leghe come secondo Delegato della L.R.E., in quanto i regolamenti prevedevano che le Leghe Regionali con un numero di società compreso tra 100 e 300 avessero in ambito nazionale due rappresentanti, dei quali il primo era di diritto il presidente stesso della L.R. Lo “sconfitto” Enrico Sabattini si consolò, di lì a poco, con la nomina a presidente della Commissione nazionale per le Carte Federali (sezione Lega Giovanile), e poi di membro della Commissione di Appello Federale. Tra “lodo Barassi”e “lodo Zauli” Entrato ufficialmente in Federazione nel 1946 come cassiere nel primo Consiglio Direttivo presieduto da Renzo Lodi, poi nominato Segretario nel 1948, Gustavo Zini si era conquistato in soli sei anni un credito di fiducia tale da consentirgli di insediarsi alla massima poltrona regionale con il più largo favore delle società. Nei primi anni della sua presidenza Zini potè godere della stabilità portata nel calcio italiano dal “lodo Barassi”, dopo anni di assestamenti e sistemazioni più o meno provvisorie. In Emilia Romagna il campionato di Promozione, articolato su 32 squadre suddivise in due gironi, riscuoteva buoni consensi, così come la 1.a Divisione era in costante ascesa sia per consistenza numerica che tecnica. In campo nazionale l’importanza complessiva del movimento dilettantistico era testimoniata dalle 3.000 squadre che nel 1955 erano iscritte ai vari campionati e tornei regionali, e dalle 2.500 della Lega Giovanile. Il prospetto statistico dei tornei organizzati dalla Lega Regionale Emiliana evidenzia inoltre la regolarità dei tornei di quel periodo. Il 16 dicembre 1956 l’assemblea ordinaria delle società emiliane rinnovò per acclamazione il mandato di Gustavo Zini, confermando anche Corrado Gotti nella carica di Segretario, a riprova dell’eccellente stato della nostra Lega. Semmai a Zini e ai suoi collaboratori restava il rammarico che, a livello provinciale, il calcio emiliano sembrava proprio non decollare, sia per la forte presenza di U.I.S.P. e C.S.I., sia per carenza in alcune zone di campi sportivi adeguati. Non è un caso che fin dagli anni ’30 i nostri campionati registrassero una rilevante partecipazione di squadre ferraresi e mantovane, cioè delle province allora più “depresse”, ma in realtà meglio dotate di campi di calcio. In effetti, Ferrara e Mantova usufruivano di alcune favorevoli circostanze: a lato dell’esecuzione di vaste opere di bonifica, iniziate nel ventennio fascista, si era proceduto al risanamento o alla fondazione ex-novo di interi centri abitati dove non poteva ovviamente mancare il campo sportivo, essendone anche agevolata la costruzione dalla natura pianeggiante del territorio. La situazione migliorò durante gli anni ’50, quando la F.I.G.C. varò sull’intero territorio nazionale, con un notevole impegno economico, un vasto piano di costruzione e rinnovamento di impianti sportivi di cui usufruì anche la nostra regione (è di quegli anni l’attivazione fra gli altri dei campi federali di San Lazzaro Parmense, di Tresigallo e del Savena F.C. a Bologna). Tuttavia, a differenza dei Comitati Provinciali di Lega Giovanile sempre attivi in ogni provincia fin dal 1948, i Commissariati Provinciali della Lega Regionale Emiliana continuarono a funzionare solo in modo episodico, di norma solo nel periodo estivo per l’organizzazione di tornei locali, specialmente dopo la nascita del Settore per l’Attività Ricreativa. D’altra parte la F.I.G.C. stessa aveva posto un involontario ostacolo allo sviluppo dei campionati provinciali. Infatti alle società di nuova affiliazione era consentito iscriversi indifferentemente alla 2.a o alla 1.a Divisione, e considerato che in Emilia il campionato di 1.a Divisione era organizzato di fatto su gironi provinciali, l’unico vantaggio della 2.a Divisione, oltre alla tassa di iscrizione leggermente inferiore a quella degli altri tornei, era di potere utilizzare impianti anche di modestissima attrezzatura. Tuttavia generose deroghe venivano concesse specie quando era chiaro che respingere l’iscrizione alla 1.a Divisione di una squadra con il campo di gioco non regolamentare equivaleva mandarla ad ingrossare le schiere di U.I.S.P. e C.S.I. Proprio nell’intento di contrastare l’azione di questi due Enti, nel luglio 1955 il Consiglio Nazionale delle Leghe della F.I.G.C. aveva creato il “Settore per l’Attività Ricreativa”, cui vennero affidati compiti di propaganda particolarmente fra le categorie dei lavoratori e degli studenti, demandando l’organizzazione delle manifestazioni del nuovo Settore alle Leghe Regionali, le quali a loro volta potevano delegare i Commissari Provinciali, la Lega Giovanile o anche semplici fiduciari. In realtà tale iniziativa, per quanto lodevolmente concepita, ottenne soprattutto il risultato di frazionare ulteriormente i campionati di base provinciali e giovanili, aumentando il disorientamento tra le società e convincendo gli Enti in concorrenza della necessità di una intesa. Essa si concretò nelle convenzioni tra F.I.G.C., C.S.I. e U.I.S.P. firmate a Roma rispettivamente il 31 agosto e il 19 settembre 1957. Sottolineati il reciproco riconoscimento e la collaborazione nella diffusione della pratica calcistica soprattutto fra i giovani, venivano stabilite norme per gli arbitri, per il tesseramento di atleti e dirigenti, per l’organizzazione di tornei locali, per le sanzioni disciplinari, eccetera. Sotto certi aspetti la convenzione richiamava alla memoria quella con cui nel 1922 la F.I.G.C. aveva riconosciuto l’U.L.I.C., ed in tal senso non mancò di avere subito riflessi positivi. Infatti, oltre a sancire che la F.I.G.C. era l’unico ente nazionale preposto alla direzione delle attività calcistiche, veniva affermato nettamente che i giocatori potevano essere tesserati per un unico Ente. Si eliminava in tal modo una disfunzione che danneggiava in specie le società federali, i cui atleti avevano potuto fino ad allora prendere parte con squadre diverse a due campionati contemporaneamente, e senza che ciò potesse essere impedito. Tuttavia restava irrisolto il problema dell’organizzazione dei campionati provinciali per i quali, almeno in Emilia Romagna, la F.I.G.C. continuava ad avere la peggio. Scadute le convenzioni il 31 luglio 1958, e non rinnovate a causa del commissariamento federale, solo i nuovi accordi del 1960 con C.S.I. e U.I.S.P. daranno alla Federazione gli strumenti per avviare con successo anche un’autentica attività a base provinciale. La crisi del calcio italiano Nel corso degli anni ’50 il consenso che in qualche modo aveva fino allora accompagnato le nostrane vicende calcistiche cominciò a venir meno per il succedersi di eventi negativi: dagli sfavorevoli risultati della squadra Nazionale alla mancata definizione dello “status” dei calciatori, dal crescente dissesto nei bilanci di diverse società ai casi di illecito scoperti nei campionati maggiori, talmente clamorosi da costringere il Consiglio della F.I.G.C. a modificare d’urgenza le Carte Federali per poter arginare il preoccupante fenomeno. Dal 1955-56 erano state formulate numerose proposte di riforme più o meno estese, ma si era messo mano solo alla ristrutturazione delle serie inferiori, ampliando e trasformando la Quarta Serie in “Interregionale” e la Promozione in “Campionato Nazionale Dilettanti” (però sempre a carattere regionale). La figuraccia della mancata partecipazione dell’Italia ai Campionati Mondiali in Svezia nel 1958 (azzurri eliminati dall’Irlanda del Nord) fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il presidente federale ing. Ottorino Barassi, accusato di avere promosso la calata nel nostro Paese di legioni di giocatori stranieri, affossando i vivai e i sodalizi minori che invece dovevano costituire le fondamenta del nostro calcio, pagò i suoi errori con la rimozione dalla carica. Fu però l’intero “apparato” ad essere messo in discussione e, come già era accaduto nel 1926, della vicenda fu investito direttamente il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, a significare l’importanza annessa alla soluzione della crisi. Il 13 agosto 1958 la Giunta Esecutiva del C.O.N.I. affidava l’incarico di Commissario Straordinario della F.I.G.C. al suo segretario generale, dr. Bruno Zauli; egli avrebbe riunito nella sua persona i poteri del Consiglio Federale e quelli del Consiglio Nazionale della Leghe, organi che dovevano con ciò ritenersi disciolti. Era questa la seconda volta che si ricorreva al commissariamento della Federazione; in precedenza ciò era avvenuto nell’agosto 1943, ed in seguito accadrà ancora nel 1986 e nel 1996. Il 30 agosto 1958 Barassi passò le consegne a Zauli, divenuto da quel momento il padrone quasi assoluto del calcio italiano per un anno. Messosi immediatamente all’opera, Zauli riassunse nella sua allocuzione di saluto i gravosi obbiettivi da raggiungere: rinascita a nuova vita della F.I.G.C. per il suo migliore avvenire, e risanamento morale e materiale del calcio italiano. Per tali scopi potè usufruire di schemi di riforme in parte ideate negli anni precedenti, tanto che già nel gennaio 1959 le apposite Commissioni di Studio partorirono il futuro ordinamento del nostro calcio: tre nuove Leghe (Professionisti, Semiprofessionisti e Dilettanti) avrebbero gestito i campionati dei rispettivi settori. Il settore dilettantistico però sarebbe stato transitoriamente gestito da un “Consiglio Centrale Dilettanti” (C.C.D.), mentre la configurazione dei campionati regionali si andò definendo soltanto in corso di stagione. Le Commissioni precisarono inoltre il complesso meccanismo che avrebbero regolato la formazione dei nuovi organici, meccanismo che prese il nome di “lodo Zauli”. Il “Commissario Regionale” Nel periodo in cui la crisi generale si stava palesando, i quadri dirigenziali emiliani erano ancora quelli eletti nel 1956, con Gustavo Zini riconfermato alla presidenza, Corrado Gotti alla segreteria, Claudio Bonetti, Giorgio Costa, Guido Quarantini e Bruno Sacchi in consiglio, Giorgio Giovanoni come Fiduciario Arbitri. In provincia Alvaro Bentivogli e Valdo Franceschi reggevano i Commissariati di Forlì e di Parma, gli unici regolarmente funzionanti. All’assemblea ordinaria del 7 settembre 1958 Zini aveva potuto annunciare con soddisfazione alcuni brillanti risultati: compresa l’Attività Ricreativa, le gare organizzate dalla L.R.E. nel 1957-58 avevano superato quota 2000, mentre le società sfioravano nel complesso la cifra record di 400 unità. Notevole il risultato economico della gestione, largamente in attivo e superiore a quello della stagione precedente. Fu perciò tanto più inaspettato il telegramma che Gustavo Zini ricevette personalmente da Zauli il 10 ottobre 1958. Il tono perentorio e il contenuto della comunicazione non lasciavano dubbi: l’intero Consiglio Direttivo della L.R.E. era esautorato, al suo posto si sarebbe insediato un Commissario Regionale con i più ampi poteri decisionali, i vecchi collaboratori venivano ringraziati per l’opera svolta e gentilmente pregati di... farsi da parte! Com’è ovvio, Zini si sottomise con disciplina al volere superiore; tuttavia nel messaggio con cui si accomiatava dalle società trasparivano la costernazione e la rabbia per il grave provvedimento ritenuto senza mezzi termini ingiusto, respingendo l’idea che i dirigenti emiliani destituiti potessero essere in qualche modo corresponsabili della situazione di crisi del calcio italiano. Va detto che tra settembre ed ottobre 1958 i commissariamenti avevano interessato tutti gli Enti federali senza eccezione alcuna, ma in talune regioni i presidenti avevano potuto conservare il loro posto, non si sa sulla base di quale discriminazione. Nella giornata stessa del 10 ottobre 1958 il Commissario Regionale per l’Emilia, Gesù Martelli, assumeva la direzione della L.R.E.; il giorno seguente Zauli gli affiancava due collaboratori, il rag. Giancarlo Pasquinelli come vice-Commissario e il rag. Giorgio Giovanoni per Segretario. La scelta del Commissario del C.O.N.I. era caduta su questa terna di persone in quanto sostanzialmente estranee all’ambiente dirigenziale della L.R.E., e tuttavia in possesso di esperienza più che decennale e ben considerate per capacità e rettitudine. Martelli era stato arbitro negli anni ’20 e ’30, poi dirigente della Sezione Arbitri di Bologna e Commissario Speciale; e anche Giorgio Giovanoni era stato arbitro, poi membro dell’U.L.I.C. bolognese, del Direttorio VII. Zona e Fiduciario Regionale degli arbitri emiliani; mentre Giancarlo Pasquinelli, fratello del più volte citato prof. Luigi Pasquinelli, aveva maturato anni di collaborazione al Comitato Regionale Emiliano di Lega Giovanile fin dai suoi primi mesi di attività nel 1947-48. Giancarlo Pasquinelli ricorderà il periodo commissariale come il più difficile tra quelli passati in Federazione: il Comitato doveva funzionare esattamente come prima, anche se i legittimi dirigenti erano stati tutti allontanati e i collaboratori erano si erano ridotti della metà. C’era di che spaventarsi di fronte al compito che attendeva i tre rappresentanti del dr. Zauli... Constatato che non si poteva ulteriormente differire l’inizio dei campionati 1958-59, essi furono avviati con le stesse modalità della precedente stagione, provvedendo nel contempo a costituire le strutture che sarebbero intervenute nella seconda parte dei tornei. Entro dicembre 1958, su proposta di Gesù Martelli, Zauli nominò otto Commissari Provinciali: cav. Giuseppe Turbiani (Ferrara), M° Bruno Generali (Modena), ing. Adrasto Bellini (Mantova), Elvezio Ortali (Forlì), Valdo Franceschi (Parma), Giovanni Gonani (Ravenna), Ivo Rinaldi (Reggio Emilia) e Bonifacio Bortolazzi (Bologna), quest’ultimo sostituito poi da Dante Gaito. Cosa alquanto insolita, i tornei regionali assunsero ufficialmente le nuove denominazioni a partire dal mese di febbraio 1959: 1.a Categoria (ex Campionato Nazionale Dilettanti) e 2.a Categoria (ex 1.a Divisione). L’organizzazione della 2.a Categoria fu affidata dal girone di ritorno ai neo-insediati Commissari Provinciali, con uno o due gironi per ciascuno. Il tutto comportò un grosso sforzo organizzativo per lo smistamento nelle nuove sedi periferiche di tutte le pratiche dei campionati in corso, compiuto da un organico assai esiguo di collaboratori. Anche nella giustizia sportiva si ebbero novità importanti. Mentre negli anni precedenti lo stesso Barassi aveva sostenuto che la giustizia nei campionati dilettanti, così come era amministrata dalle Leghe Regionali, andava benissimo, Zauli viceversa sembrava di tutt’altro parere. Il segretario del C.O.N.I. non aveva torto, visto che le funzioni relative ad omologazioni di gare, irrogazione di squalifiche e altre sanzioni disciplinari erano ancora demandate direttamente ai Consigli Direttivi delle singole Leghe, più o meno come avveniva nei Comitati Regionali di quarant’anni prima, salvo che nel frattempo il numero di gare era aumentato di circa 20 volte... Ecco allora nascere, presso ciascuna L.R. e per il solo campionato di 1.a Categoria, la “Commissione Giudicante” (C.G.), equivalente agli odierni uffici del Giudice Sportivo e della Commissione Disciplinare; invece per la 2.a Categoria il potere giudicante restava attribuito ai Commissari Provinciali. Per l’Emilia la C.G. fu nominata dall’onnipresente Zauli l’8 gennaio 1959, riunendosi per la prima volta il 18 febbraio con l’inizio del girone di ritorno dei campionati. La Commissione era composta da un presidente (rag. Germano Brunelli, già a capo del Gruppo Arbitri bolognese per tutti gli anni ’30), due membri effettivi (prof. Bruno Zanini e Lorenzo Poli) e due membri supplenti (dr. Mario Sofia e rag. Luigi Grattarola); deliberava anche in prima istanza sui reclami della 1.a Categoria, ed in seconda istanza su quelli provenienti dai Commissariati Provinciali. Il ricorso alla C.A.F. era ammesso solo contro decisioni di prima istanza della C.G. Nonostante il travagliato cammino, i nostri campionati regionali 1958-59 giunsero al termine regolarmente, mentre si intravvedeva anche la cessazione del commissariamento e con essa, per il più grande sollievo di tutti, il ritorno alla normalità. Approvato dal C.O.N.I. il nuovo Statuto Federale (30 giugno 1959), il 3 luglio i Comitati Regionali prendevano il posto delle cessate Leghe, mentre i Commissari sarebbero rimasti in carica fino alla costituzione dei nuovi organi direttivi. Il 9 luglio il Commissario Gesù Martelli convocava l’assemblea straordinaria delle società emiliane per domenica 26 luglio 1959: con questo semplice messaggio, il primo dopo una pausa di ben 33 anni, riprendeva ufficialmente vita il Comitato Regionale Emiliano.


1959

2.a Parte Passato prossimo, presente e futuro... (1960-2000) Il “Comitato Regionale Emiliano” (1959 - 1981) La F.I.G.C. rinnovata Il vasto movimento di riorganizzazione della F.I.G.C. aveva trovato il suo culmine il 30 giugno 1959, giorno in cui il C.O.N.I. approvava il nuovo Statuto Federale mandandolo in vigore il giorno successivo. Il 3 luglio il Commissario Federale, dr. Bruno Zauli, poteva così procedere allo scioglimento del “Consiglio Centrale Dilettanti” ed alla costituzione della “Lega Nazionale Dilettanti”, a capo della quale veniva temporaneamente posto l’ing. Carlo Di Nanni. Entro lo stesso mese di luglio 1959, poi, tutti i Comitati Regionali elessero i propri presidenti i quali, riunitisi a Roma il 2 agosto 1959 nella prima Assemblea Nazionale della L.N.D. (solo a partire dal 1964-65 le Assemblee Nazionali raccolsero anche i rappresentanti di tutte le società del settore), all’unanimità chiamarono l’ing. Ottorino Barassi alla presidenza della neonata Lega. Quel giorno fu eletto anche il primo Consiglio Direttivo, allora composto di soli otto membri, tra i quali si trovava anche l’avv. Renzo Lodi, non dimenticato presidente emiliano del dopoguerra, Consigliere Nazionale e collaboratore di Barassi stesso. Il 29 agosto 1959, ad un anno esatto dal suo insediamento, Bruno Zauli poteva dichiarare terminato il suo compito e passare le consegne al nuovo Presidente Federale, l’avv. Umberto Agnelli. La F.I.G.C. aveva cambiato aspetto: erano nate le nuove Leghe (Professionisti, Semiprofessionisti e Dilettanti), le nuove organizzazioni arbitrali (C.A.N., C.A.S.P. e C.A.R.) nonché il nuovo “Settore Giovanile”, al posto della cessata Lega Giovanile, con il preciso compito di gestire i campionati per calciatori fino ai 18 anni. L’obbiettivo principale, mancato dalle precedenti riforme, sembrava questa volta essere stato raggiunto: la creazione di stabili e funzionali strutture sia organizzative che agonistiche, entro le quali il calcio italiano potesse crescere ed adeguarsi alle nuove esigenze che i tempi richiedevano. In realtà molto restava da fare, come sarà ampiamente dimostrato dalle delusioni cui andrà incontro soprattutto la Nazionale nei primi anni ’60. La “Lega Nazionale Dilettanti” Nonostante alcune buone premesse, i primi passi del nuovo organo dilettantistico italiano furono tutt’altro che facili. Uno dei primi atti del Consiglio Federale era stato quello di attribuire alle tre Leghe un’ampia autonomia, che per i Comitati Regionali si traduceva nella possibilità di demandare alla L.N.D. la gestione di alcune problematiche fino ad allora gravanti direttamente sulle vecchie Leghe Regionali. Tuttavia due impopolari provvedimenti avevano scombussolato i piani di molte società: nel settembre 1959, praticamente senza preavviso, la Presidenza Federale aveva vietato l’utilizzo di denominazioni sociali a “scopo chiaramente reclamistico” in qualunque settore dell’attività agonistica, poiché si intendeva che le società calcistiche dovessero rappresentare veri e propri gruppi o sezioni sportive. Qualche mese prima, inoltre, le società del settore dilettantistico si erano viste trasformare il “vincolo” sui giocatori da vitalizio a triennale. Queste misure, controproducenti ed in apparenza incomprensibili, traevano origine da un malinteso sforzo di adeguare anche in Italia il concetto di dilettantismo a quello già sancito anni addietro dalla F.I.F.A., l’organizzazione calcistica mondiale. Si aggiunga a ciò il tentativo di imporre anche da noi un modello di dilettantismo “anglosassone”, trasformando la L.N.D. in una sorta di compartimento stagno privo di ricambio automatico con gli altri settori mediante i consueti meccanismi di promozione e retrocessione. Per sua fortuna la L.N.D. aveva ricevuto in dote un grande personaggio: Ottorino Barassi. Già presidente della F.I.G.C. per quasi quindici anni, Barassi si trovava ora a capo, per singolare ironia, di un ente del quale appena pochi anni prima aveva ufficialmente negato la necessità. Il passaggio alla Lega Dilettanti, all’epoca tradotto dai più come sintomo di declino, fu invece inteso nel migliore dei modi dall’ex-Presidente Federale, provvisto di un’inestimabile patrimonio di esperienza e di capacità. Messosi subito all’opera, con una serie di stringenti ragionamenti dimostrò come la perdita del vincolo vitalizio sui giocatori e l’assenza di promozioni al settore semiprofessionistico di fatto togliessero i due principali scopi di esistenza delle società minori, la cui funzione, vitale per il nostro calcio, era l’allevamento di giovani atleti da valorizzare e poi cedere. Nemmeno i piccoli sodalizi potevano accontentarsi di vivere per il puro ideale sportivo, dal momento che, abolito come si è visto anche il ricorso agli sponsor, non sarebbero certo bastati i magri incassi domenicali a far quadrare i bilanci. Grazie all’autorevole opposizione di Barassi, nel giro di due anni il famigerato “vincolo triennale” fu soppresso e ripristinato quello “a vita”, così come fu eliminato ogni ostacolo alla salita in Serie D delle società vincenti i campionati regionali. Contemporaneamente anche i marchi pubblicitari rientrarono a far parte delle denominazioni sociali, sia pure per le sole squadre dilettanti ed in forma opportunamente regolamentata. Ottorino Barassi non si fermò qui: rilanciò l’idea di una Coppa Italia per le squadre del settore, di un ampliamento del “Torneo delle Regioni”, che muoveva allora i primi passi, e ribadì con forza che il settore dilettantistico rimaneva il fondamentale serbatoio di preparazione e selezione dei giovani atleti per le serie superiori. In tale ottica va senz’altro menzionato il promettente sviluppo a livello nazionale dei Nuclei di Addestramento Giovani Calciatori (N.A.G.C.), ideati nel 1955 allo scopo di impartire ai ragazzi dai 10 ai 14 anni una istruzione tecnica di base, portandoli così preparati all’età minima prevista per il tesseramento (all’epoca appunto 14 anni, in seguito ridotta a 12). Fu questo il primo provvedimento che la F.I.G.C. aveva adottato al profilarsi di quella crisi già descritta nei capitoli precedenti. Dai primi 10 nuclei istituiti in tutta Italia nel 1955 (Modena fu prescelta come sede sperimentale nella nostra regione) si era passati ai 20 del 1959, poi ai 262 del 1961, con oltre 10.000 ragazzi iscritti, già raddoppiati di numero l’anno successivo. In Emilia Romagna i N.A.G.C. erano 24 con 877 giocatori (1. gennaio 1961), cifre ragguardevoli per i tempi e superate solo da Lazio e Piemonte. I campionati regionali tornano all’antico Contrariamente a quanto accaduto per altri settori, dove le novità non erano certo mancate, in ambito regionale si era assistito ad un “ritorno alle origini”, cioè ai più vecchi organismi calcistici esistiti: i Comitati Regionali, risorti come si è visto il 3 luglio 1959 dopo un’assenza dalla scena sportiva di ben 33 anni. Anche per i campionati si era optato per gli antichi nomi risalenti a mezzo secolo prima: dal 1959-60 il massimo campionato regionale fu denominato 1.a Categoria, e dava diritto alle vincenti (una per regione) di accedere ai semiprofessionisti. Si è visto come, grazie anche al presidente Barassi, si fosse scongiurato il pericolo di vedere erigere quello sbarramento tra settori ventilato durante il “lodo Zauli”, che avrebbe consentito ai dilettanti di concorrere non per la promozione alla serie superiore, bensì soltanto per il titolo di campione Nazionale nel cosiddetto “Trofeo Arpinati”, giocato in effetti per cinque edizioni. Secondo gradino dei tornei regionali di quegli anni era la 2.a Categoria, che non aveva retrocessioni, ma solo promozioni alla 1.a Categoria. La 3.a Categoria, invece, affidata ai neonati Comitati Provinciali retti da un Commissario, continuava a rimanere isolata e saltuaria; né era ancora previsto che le vincenti passassero alla categoria superiore, essendo in definitiva possibile, per le società nuove affiliate, cominciare i campionati direttamente dalla 2.a Categoria, e questo per la cronica carenza di squadre a livello provinciale e per l’ancora insufficiente situazione impiantistica sportiva in diverse regioni italiane. E’ interessante segnalare nel 1959 l’accordo tra la F.I.G.C. e la giovanissima Federazione Calcio Sammarinese, che consentì per la prima volta ai clubs della Repubblica del Titano di iscriversi ai campionati italiani, precisamente a quelli del nostro Comitato Regionale. Subito si avventurò nella 2.a Categoria emiliano-romagnola una società dal pittoresco nome di Libertas Tre Penne, cambiato l’anno seguente in Serenissima, antenata dell’attuale A.C. San Marino. Nel 1961 si iscrisse anche la Juvenes di Serravalle, ad accrescere la simpatica dimensione internazionale dei tornei del C.R.E. La rivincita di Gustavo Zini Ritorniamo al 26 luglio 1959, giorno in cui, terminato il “purgatorio” della gestione commissariale, le società emiliano-romagnole convocate a Bologna per l’Assemblea straordinaria dovevano costituire il nuovo Comitato Regionale Emiliano. L’assemblea confermò pressoché in blocco i membri già temporaneamente esclusi da Zauli l’anno precedente, risultando pertanto il C.R.E. così composto: Presidente: M° cav. Gustavo Zini; consiglieri: p.i. Corrado Gotti, dr. Giorgio Costa, cav. Bruno Sacchi, Guido Quarantini (che però scomparve prematuramente appena quattro mesi dopo, il 27 novembre 1959). A norma di statuto, poi, il 31 luglio Zini nominò Gotti vice-presidente e Costa segretario. Nei mesi successivi i quadri del Comitato andarono via via completandosi, con i due collaboratori Ivo Franceschi e Mario Piccinini ed il Fiduciario Tecnico Regionale Alberto Stagni. Il 23 settembre poi si insediò la Commissione Giudicante (nominata dalla Presidenza Federale il giorno 10), di cui facevano parte illustri personaggi quali Enrico Sabattini (presidente), Dante Guazzaloca e Giovanni Fornari (membri effettivi), Gualtiero Veronesi e Vito Addari (membri supplenti). Manlio Moratelli sostituì Dino Castelvetri nel ruolo di Commissario Arbitri Regionali (C.A.R.), avendo dal 19 dicembre 1959 come vice-commissari Giovanni Gonani e Goffredo Battistoni. Decaduti poi i Commissari Provinciali nominati da Bruno Zauli, ed in attesa che venissero chiaramente definiti i compiti e le attribuzioni degli organi provinciali e locali della F.I.G.C., la Presidenza Federale provvide il 1. ottobre 1959 alle nuove designazioni, confermando Bruno Generali a Modena, Ivo Rinaldi a Reggio Emilia e Valdo Franceschi a Parma, e nominando ex-novo Gino Farri a Bologna, Mario Tavolini a Ferrara, Giuseppe Nivellini a Ravenna, Alvaro Bentivogli a Forlì e Marzio Schena a Mantova, tutti nella veste di Commissario Provinciale. Il compito di questi ultimi fu inizialmente piuttosto arduo, per le già menzionate difficoltà a livello locale, tanto che per il 1959-60 in nessuna provincia fu possibile avviare un campionato di 3.a Categoria (solo a Ferrara e Ravenna si potè ripiegare su un torneo “riserve”). Di ciò non mancò di lamentarsi Gustavo Zini nel 1960, al termine della prima stagione del nuovo Comitato Regionale, auspicando a tal fine un maggiore impegno soprattutto da parte dei dirigenti delle società minori. In quella occasione, poi, il presidente non potè trattenersi dal prendere una piccola rivincita personale definendo il campionato 1959-60 come quello del “ritorno alla legalità” (sic!), e rendendo noti i buoni risultati agonistici ed economici del nuovo corso. Bene erano andati i campionati di 1.a e 2.a Categoria, che avevano visto in lizza rispettivamente 64 squadre in quattro gironi e 114 squadre in nove gironi. E’ interessante però notare come Zini fosse allarmato per un presunto peggioramento della situazione disciplinare, dato il vistoso incremento delle sanzioni a carico di giocatori e società. Egli aveva confrontato le risultanze della stagione terminata (1959-60) con quelle dell’ultima da lui gestita (1957-58), non avendo il Commissario Regionale ritenuto opportuno compilare una relazione al termine del suo mandato (1959). A Zini era così sfuggito un fondamentale particolare: due anni prima la Commissione Giudicante non esisteva ancora, mentre nel campionato appena trascorso aveva potuto esplicare al meglio le sue funzioni, per cui piuttosto che di indisciplina era forse più logico parlare di aumentata efficienza della giustizia sportiva! I rapporti con C.S.I., U.I.S.P. e campionati provinciali Lo sviluppo in profondità dell’organizzazione periferica provinciale, come auspicato dalla Lega Nazionale Dilettanti, fu reso possibile solo grazie alle nuove convenzioni con C.S.I. e U.I.S.P., sottoscritte a Roma il 3 giugno 1960 per regolare i rapporti dei due Enti con la Federazione Italiana Giuoco Calcio. Esse si ispiravano in buona parte alle preesistenti convenzioni del 1957, ma con una fondamentale differenza: l’art. 6 prevedeva infatti che l’attività svolta da squadre con giocatori di età superiore ai 18 anni potesse essere organizzata solo dalla F.I.G.C., stabilendo che le società degli Enti di propaganda che partecipavano a tale attività sarebbero state considerate affiliate alla F.I.G.C. a tutti gli effetti. I Comitati Regionali della Lega Dilettanti avrebbero potuto comunque delegare ai Comitati Provinciali di C.S.I. e U.I.S.P. l’organizzazione parziale o totale dei campionati di 3.a Categoria, anche senza la partecipazione di formazioni “pure” della F.I.G.C., fermo restando che tali tornei di norma non davano luogo a promozioni. Le convenzioni andarono in vigore con la stagione 1960-61, il che consentì a tutte le otto province emiliane di organizzare il campionato di 3.a Categoria; però solo a Modena il Commissario Provinciale della F.I.G.C. lo potè gestire direttamente, altrove la gestione fu affidata agli Enti di propaganda. Nel corso del 1962, poi, la Federazione completò la “manovra” in modo un po’ spregiudicato, non delegando più l’organizzazione della 3.a Categoria, ma viceversa obbligando le società di C.S.I. e U.I.S.P. che volevano disputare tale campionato ad affiliarsi unicamente alla F.I.G.C., in tal maniera consentendo loro di iscriversi direttamente perfino alla 2.a Categoria. Ciononostante, nel 1961-62 in Emilia soltanto i Comitati Provinciali di Bologna, Modena e Ferrara avviarono e curarono in modo autonomo il torneo di 3.a Categoria, destinato ad estendersi progressivamente anche nelle restanti province solo sul finire degli anni ’60. A dimostrazione che non tutti i problemi erano stati risolti con le convenzioni di Roma, queste ultime furono in seguito più volte denunciate o sospese unilateralmente dall’una o dall’altra Federazione, le cui reciproche incomprensioni continuarono ad ostacolare il pieno sviluppo dei campionati di “base” ancora per diverso tempo. Vittoria dell’Emilia nel “Torneo delle Regioni” Il consuntivo generale della stagione 1960-61 fu altamente positivo per il nostro Comitato: ancora una volta il risultato economico diede un largo margine di utile, il che permise di mantenere inalterato il contributo a favore delle società. Fiore all’occhiello di quell’anno fu comunque la vittoria della rappresentativa dell’Emilia al “Torneo delle Regioni” (Trofeo “G. Zanetti”), che si concretò con quattro vittorie su quattro incontri di sputati: 2-0 al Trentino il 18 marzo e 1-0 al Friuli Venezia Giulia il 19 marzo (entrambe a Portogruaro); poi: 3-1 alla Sicilia il 30 aprile (a Ostia, con reti di Guaraldi, Vernizzi e Francesconi), ed infine la vittoria sulla Liguria conseguita nella finalissima del 1. maggio 1961 allo stadio Flaminio di Roma. Ecco il dettaglio completo dell’ultima gara: EMILIA - LIGURIA 1-1 d.t.s. (rigori : 4-2) Reti: Ciotti 21' p.t. (L), Guaraldi 24' s.t. (E). Rigori: Vernizzi, Prunelli, Forghieri e Francesconi (E); Paltrinieri e Bodrato (L). Rappresentativa Emilia: Uccelli (Carpi), Turrini (Viadanese), Bastia (Vignolese), Forghieri (Carpi), Pedroni (Sassuolo), Patrignani (Riccione), Guaraldi (Bondenese), Brunelli (Alfonsinese), Pasi (Russi), Francesconi (Russi), Vernizzi (Carpi). Facevano parte della selezione anche il portiere Bonetti (Vignolese), il difensore Javarone (Pro Lugo), gli attaccanti Tomasi (Libertas Don Bosco di Comacchio), Emiliani (Cesenatico), e Orsi (Salus di Bologna). Allenatore ed artefice di quella che fino a oggi è rimasta l’unica nostra vittoria dell’ambìto trofeo fu Guglielmo Giovannini, indimenticato giocatore del Bologna e della Nazionale azzurra, che in seguito ebbe anche incarichi federali di prestigio (fu responsabile della rappresentativa di Serie C), e che purtroppo scomparve prematuramente nel 1990. La “stella” della nostra formazione nel 1961 era l’attaccante Fulvio Francesconi del Russi, classe 1944, poi a lungo protagonista in Serie A e B con Como, Roma, Sampdoria, Catania e Reggiana. Un altro attaccante di quella squadra, Giorgio Vernizzi del Carpi, l’anno seguente fu convocato nella Nazionale della Lega Dilettanti insieme ad altri tre nostri calciatori. Il riassetto dei campionati e della giustizia sportiva Non si era praticamente ancora spenta l’eco delle riforme varate da appena due anni che già nel 1961 si cominciò a parlare nuovamente di una modifica ai campionati regionali. In effetti il loro ordinamento, concepito durante la gestione commissariale del 1959, conteneva alcune imperfezioni: in particolare la disuguale densità del movimento dilettantistico nelle varie zone d’Italia portò ben presto a forti pressioni sulla 1.a Categoria nei Comitati Regionali più sviluppati che tuttavia, al pari di quelli meno consistenti, potevano trovare sbocco ogni anno solo in un’unica, insuffi ciente promozione al settore semiprofessionistico. Si disse quindi che, così come la riforma promossa nel 1952 da Barassi era stata “settentrionalista”, perché concedeva diversi vantaggi alle zone numericamente ed economicamente meglio provviste di società (quelle del Nord Italia appunto), la riforma di Zauli era stata “meridionalista”, in quanto a fronte di una evidente disparità di organico a sfavore delle regioni del Centro-Sud, nondimeno queste ultime portavano alle serie superiori lo stesso numero di squadre delle regioni del Nord. Nel 1961-62 vi era stato in Lombardia, la regione più sacrificata da quell’ordinamento, un tentativo di creare almeno una “serie di Eccellenza” regionale; la Lega Nazionale Dilettanti, pur bocciando l’esperimento, ritenne comunque opportuno sfoltire la 1.a Categoria, rialzando il vertice della “piramide” dei campionati soprattutto in quei Comitati Regionali dove il movimento di base si era sviluppato molto più che altrove. Dopo i primi entusiasmi, anche in Emilia ci si era resi conto che la 1.a Categoria con 64 squadre era non solo sproporzionata, ma addirittura dannosa per le società stesse, alcune delle quali affrontavano questo torneo senza esservi adeguatamente preparate (non si dimentichi che bastava iscrivere una squadretta rionale in 2.a Categoria, vincere un campionato magari di sole 18 partite, e si era già arrivati alle soglie del calcio nazionale...). Le diffi coltà aumentarono dal 1963, avendo la Lega Nazionale Dilettanti drasticamente tagliato di oltre il 50 % i contributi alle società di 1.a Categoria per spese arbitrali e per migliorie agli impianti sportivi. Nel 1962 la L.N.D. decise dunque la riduzione progressiva in tutta Italia dell’organico di 1.a Categoria, con lo scopo sia di una maggiore qualificazione tecnica di questo torneo, sia di assecondare un più vasto progetto di riforma che prese corpo tre anni dopo. Infatti sul finire del 1965 fu definito l’imminente allargamento della Serie D da 108 a 162 compagini, reso possibile soprattutto dall’accresciuta maturità tecnica ed organizzativa delle società del settore dilettanti. Contemporaneamente nei Comitati Regionali meglio dotati di squadre sarebbe stato avviato il nuovo campionato di Promozione, interposto tra la 1.a Categoria e il settore semiprofessionistico. La nuova struttura sarebbe stata operativa dalla stagione 1967-68. Il Comitato Regionale Emiliano si adeguò gradualmente alle novità, portando da quattro a tre i gironi di 1.a Categoria nel 1962-63, nonostante la L.N.D. chiedesse addirittura di ridurli subito a due. Solo grazie ai buoni uffici del presidente Gustavo Zini i gironi restarono tre fino al 1965-66, per diventare infine due dal 1966-67, come decisero le società stesse nella riunione del 29 agosto 1965. A precisare ulteriormente il compito di “vivaio” nazionale attribuito ai campionati dilettanti, nel 1965-66 furono introdotte per la prima volta limiti di età per gli atleti schierati nelle gare della 1.a Categoria: ammessi solo due giocatori oltre i 26 anni, pur con l’eccezione dei cosiddetti “fuori-quota”, detti poi “fedelissimi”, cioè di quei tesserati che appartenevano alla stessa società da almeno quatto stagioni, e per i quali il limite non vigeva. L’obbiettivo più immediato era di costringere le società a mantenere come “serbatoio” per la prima squadra anche formazioni giovanili, per le quali invece sembrava esservi una diffusa allergia solo in parte giustificata da carenze economiche ed impiantistiche. Successivamente (1967-68) nel nuovo campionato di Promozione vennero consentiti dapprima sei, poi cinque e infine (1972-73) quattro giocatori ultra-ventiseienni, anche se negli anni a seguire questi limiti furono periodicamente ritoccati. Ritorniamo alla nostra regione, dove a metà degli anni ’60 si era registrata la notevole crescita della 2.a Categoria. In ascesa più lenta, invece, la 3.a Categoria, nonostante la nascita del sub-Comitato di Finale Emilia (istituito già nel 1958 per la Lega Giovanile e con una propria Sezione Arbitri; nel l’ottobre 1964 iniziò anche l’attività per i dilettanti, commissario Moritz Galei) e del Comitato di Faenza nell’ottobre 1965, affidato al prof. Luigi Zappi che era stato tra i fondatori dell’U.L.I.C. in Romagna circa quarant’anni prima. Proprio nel 1964-65 si tentò per la prima volta di instaurare stabilmente il meccanismo promozione-retrocessione tra la 2.a e la 3.a Categoria. Si ebbero così le prime squadre ufficialmente promosse: Bibbiano (C.P. Reggio Emilia), Medesanese (C.P. Parma), “Otello Putinati” (C.P. Ferrara), Quattroville (C.P. Modena) e Medollese (sub-Com. Finale Emilia). Tuttavia il fatto che solo cinque Comitati organizzassero la 3.a Categoria rendeva inefficaci le retrocessioni dalla 2.a Categoria, tanto che per altre due stagioni il C.R.E. fu costretto a lasciare libera l’iscrizione indifferentemente all’uno o all’altro di questi due tornei. Dal 1966-67, raggiunto il prescritto numero di società affiliate, tutti i Commissari divennero presidenti provinciali, e dall’anno dopo si potè iniziare la disputa della 3.a Categoria in tutte le nostre province, diventando finalmente i Comitati Provinciali e Zonali (questi ultimi denominati anche “Locali”) l’effettiva “porta di ingresso” dei campionati. Cambiava nel frattempo anche la struttura della giustizia sportiva regionale: nel 1964-65 la Commissione Giudicante prendeva il nome di Commissione Disciplinare (non ne aveva però le odierne funzioni), mentre a partire dal 1967-68 fu istituita la figura del Giudice Sportivo anche per i campionati dilettanti. In pari tempo la Commissione Disciplinare assumeva i compiti che a tutt’oggi svolge: la disamina dei reclami presentati in seconda istanza da tesserati e società sia regionali che provinciali. Al C.R.E. questi mutamenti avvennero in parte nel segno della continuità: il primo Giudice Sportivo fu Enrico Sabattini, già a capo della Commissione Giudicante fin dal 1959. Sabattini rimarrà in carica fino al giorno della sua morte, il 7 gennaio 1973, dopo ben 54 anni dedicati allo sport emiliano, straordinario ed invidiabile traguardo che ben pochi possono vantare. La presidenza della nuova Commissione Disciplinare fu invece affidata all’avv. Walter Villa, con Manlio Moratelli, Vincenzo Zanni e Mario Tramontani nel ruolo di membri effettivi. “Coppa Italia” e “Promozione” Uno degli strumenti di cui la Lega Dilettanti si servì per promuovere i contatti interregionali non soltanto tra zone limitrofe, ma su tutto il territorio nazionale fu la Coppa Italia, istituita a partire dalla stagione 1966-67 con lo scopo di accrescere l’esperienza delle squadre regionali dando loro la possibilità di trovarsi poi più preparate nell’evenienza di una promozione al settore semiprofessionistico. La manifestazione, disputata con formula tipo “Coppe Europee”, ebbe un successo immediato. Nella terza edizione (1968-69) una nostra società, la Parmense, sfiorò il titolo soccombendo soltanto nella finalissima di Roma contro l’Almas. Le squadre del C.R.E. dovranno pazientare per altri 26 anni... Dal 1967 anche i campionati regionali emiliani avevano assunto una fisionomia definita e stabile, non più variabile secondo il numero di squadre partecipanti. Fissati in due i gironi di 1.a Categoria, portati da quattordici a otto quelli di 2.a Categoria, dove per la prima volta furono previste le retrocessioni in 3.a Categoria, restava da compiere l’ultimo passo: defi nire le modalità di avvio del nuovo campionato di Promozione. Nel 1967-68 questo torneo era stato introdotto sperimentalmente nei due C.R. più affollati, quello Lombardo e quello Campano, riscuotendo un tale successo che la Lega Dilettanti decise subito di estenderlo a tutti i Comitati con almeno 150 società iscritte. Nonostante il C.R.E. rientrasse già ampiamente in questo limite, esso fu però tra gli ultimi ad attuare il provvedimento, rinviandolo di due anni poiché giustamente si ritenne necessario adeguare prima strutture ed organici (collaboratori, dirigenti, personale amministrativo, arbitri) allo sforzo che avrebbe richiesto il passaggio dei campionati regionali da 144 a 200 squadre, con un incremento delle gare pari ad oltre il 35% Sulla maturità del nostro calcio regionale non vi era comunque il minimo dubbio, visto anche il “saldo” positivo del decennio 1960 - 1970 tra il C.R.E. ed il settore semiprofessionistico, con ben 17 squadre promosse in Serie D a fronte di 9 soltanto che ne erano ritornate. In sostanza la nostra regione aveva guadagnato nei tornei a base nazionale quasi una società all’anno, percentualmente la miglior prestazione tra tutti i Comitati della L.N.D. negli anni ’60. Nel corso del 1969-70, frattanto, era andato in vigore su tutto il territorio nazionale il “Regolamento Sanitario” della F.I.G.C., varato dalla Presidenza Federale con il preciso scopo di tutelare al massimo il principale patrimonio delle società, cioè gli atleti. Il “Regolamento” imponeva per la prima volta che chiunque svolgesse attività agonistica sotto l’egida della F.I.G.C. fosse sottoposto a preventiva visita medica per accertarne la piena idoneità fisica, mentre in precedenza tale obbligo vigeva solo per i giocatori di età superiore ai 32 anni. La Lega Dilettanti dispose pertanto la nomina presso ogni Comitato Regionale di un Medico Fiduciario che fungesse da riferimento per tutti i tesserati. In Emilia fu prescelto il dr. Orlando Iaboli, già distintosi fin dal 1956 nel Settore Giovanile come accompagnatore delle nostre squadre di rappresentativa e come dirigente provinciale e regionale, in seguito anche come vice-presidente nazionale del Settore. Iaboli è stato poi premiato con la “Stella d’Oro al Merito Sportivo” del C.O.N.I. ed è a tutt’oggi Dirigente Benemerito della F.I.G.C. Dall’”austerity” al “boom” Con il 1970-71, dunque, in Emilia Romagna prese le mosse il nuovo ordinamento dei campionati: due gironi di Promozione (che equivalevano al passaggio di due società alla Serie D), quattro di 1.a Categoria, otto di 2.a Categoria e venti di 3.a Categoria, questi ultimi in ulteriore crescita. Nel 1972-73, compresa l’Attività Ricreativa e quella dei 10 Comitati Provinciali e Zonali, il numero di partite complessivamente disputate in regione superò la quota-record di 5.000, con 422 società affiliate, 23.000 tesserati e 770 arbitri. Una vera e propria escalation che in soli dieci anni aveva più che raddoppiato il movimento calcistico emiliano-romagnolo. Per contro la stagione 1973-74 si annoverò come forse la più difficile del dopoguerra, mettendo a dura prova l’intera struttura del calcio dilettantistico. La cosiddetta austerity, decretata dal governo per fronteggiare la crisi petrolifera conseguente al conflitto arabo-israeliano, investì drammaticamente i campionati nel dicembre 1973, e solo l’abnegazione ed il sacrificio di tutti gli addetti, dirigenti, calciatori, arbitri e commissari, impedirono ai tornei di fermarsi. Infatti per molte settimane gli spostamenti domenicali furono consentiti solo con i mezzi pubblici, di cui peraltro molti piccoli paesi erano e sono tuttora sprovvisti. Raramente come in questa occasione il calcio dilettantistico, sia della nostra regione che nazionale, diede una così chiara prova di vitalità e resistenza. A conferma di ciò, e nonostante varie difficoltà di altro genere, in Emilia Romagna la crescita delle società provinciali continuava inarrestabile: nel solo triennio 1974 - 1977 esse aumentarono di ben 100 unità (+ 40 % !), e di altre 68 all’inizio del 1977-78, il che portò ad un totale di 632 società affiliate (erano 350 appena otto anni prima...). Lo sviluppo riguardava anche la 1.a e 2.a Categoria, dove molti sodalizi, già maturi per un passaggio alla serie superiore, mordevano il freno a causa del ridotto numero di promozioni disponibili. La vivacità del calcio del nostro Comitato trovava precisi riscontri anche fuori regione. Il Torneo delle Province, competizione nazionale nata nel 1969-70 come “vetrina” per le rappresentative dei Comitati Provinciali, vide a Roma il 27 giugno 1976 la prestigiosa affermazione finale di Mantova, vittoriosa su Firenze ai calci di rigore dopo l’1-1 sul campo. Eccellente anche la prova emiliana al Torneo delle Regioni (Trofeo “O. Barassi”) del 1977, quando la selezione del C.R.E. guidata dal prof. Guido Corni giunse l’11 aprile alla finalissima di Falconara Marittima, cedendo alla forte squadra del Veneto soltanto nei tempi supplementari (1-3) perché decimata da infortuni. Campionati più larghi Questa dimostrazione di forza sportiva, accompagnata da pressanti istanze delle società nonché da considerazioni di ordine economico ed organizzativo, indussero il Consiglio Direttivo del C.R.E. a studiare una ulteriore ristrutturazione dei campionati, di concerto con quanto già si stava definendo in ambito nazionale. Qui nel 1978 la Serie C fu sdoppiata in C/1 e C/2, accanto alle quali rimase per tre anni una Serie D ridotta da nove a sei gironi (tre di essi erano infatti andati a costituire una parte della nuova Serie C/2). Nel 1981 la nota Legge 91 sullo sport decretò la fine del semiprofessionismo, e con esso della Serie D, sostituita dal campionato Interregionale. Nel frattempo la L.N.D. aveva deciso nel 1976-77 di trasferire ai Comitati Provinciali l’attività dei calciatori cosiddetti Juniores (16 - 18 anni), sottraendola così al Settore Giovanile, e ciò nell’ottica di stimolare ulteriormente tutti i clubs all’allevamento in proprio di giovani atleti. Giustificata quindi, nel complesso, l’apprensione con cui il Comitato Regionale Emiliano annunciò nell’estate 1977 l’allargamento dei campionati di Promozione, 1.a e 2.a Categoria e l’istituzione di un torneo regionale denominato “Coppa Emilia”, tutto a partire dal 1978-79. Infatti, pur ottenendo a beneficio delle società la soddisfazione delle loro aspettative e una leggera riduzione degli oneri economici, il C.R.E. dovette fronteggiare in qualche modo l’aumento di circa 1.000 gare annue (pari al 30 % per le sole categorie maggiori), fonte di iniziali inconvenienti poi sanati gradualmente mediante il rinforzo del numero di collaboratori sia nell’ente regionale che in quelli provinciali e locali. Anche il risultato agonistico della prima stagione ad organico ampliato lasciò a desiderare, essendo emerso sia pure in modo contenuto quello scadimento tecnico dei campionati paventato dallo stesso presidente Zini alla vigilia della riforma. Una vistosa conseguenza negativa fu il ripristino, nel campionato di Promozione, delle temute finali tra le vincenti dei tre gironi per l’accesso alla Serie D, dove proprio dal 1978-79 il numero di posti disponibili per le squadre provenienti dal settore dilettanti era addirittura sceso da 27 a 24. E al Comitato Regionale Emiliano era stato assegnato un solo posto, tornandosi in pratica alla situazione di quindici anni prima! Nel 1981-82 nacque il campionato Interregionale con dodici gironi, e alla nostra regione furono restituite due promozioni, ma nemmeno allora il problema delle finali fu eliminato, trascinandosi per oltre un decennio fra polemiche e recriminazioni; clamoroso il caso del 1986-87, quando tutte e sei le gare di qualificazione si chiusero in parità, e si dovette ricorrere ad un crudele sorteggio per escludere una delle tre finaliste... Da menzionare, in questo periodo, un primo tentativo di decentramento effettuato dal Comitato Provinciale di Parma, a cui in via eccezionale fu affidato per il 1979-80 anche un girone di 2.a Categoria. Nonostante l’oggettiva riuscita dell’esperimento ed il dichiarato gradimento delle società, la cosa fu giudicata troppo... avveniristica e rimase senza seguito. L’anno seguente sempre il C.P. di Parma si segnalò per la prestigiosa vittoria nazionale nel Torneo delle Province, ottenuta il 12 giugno 1981 ad Albino (BG) contro la pari rappresentativa di L’Aquila (4-0), dopo una maratona di ben otto gare. Ricordiamo che sul finire degli anni ’70 il Comitato fu colpito da alcuni dolorosi lutti. Il 14 aprile 1976, all’età di neppure settantaquattro anni, scomparve Corrado Gotti, “fedelissimo” di Gustavo Zini e segretario per ben ventuno stagioni del nostro organo regionale, di cui faceva parte da trent’anni. Gli successe il cav. Dino Castelvetri, già arbitro federale dal 1936, poi nel dopoguerra dirigente di Lega Giovanile e Fiduciario Regionale Arbitri. Purtroppo di lì a poco (6 marzo 1978) anche Castelvetri doveva mancare in modo improvviso e prematuro. Il 15 giugno 1977 era invece deceduto il cav. Alberto Stagni, pioniere del Comitato Regionale Emiliano, in cui era entrato nel 1922 ad appena 23 anni, divenendo in seguito membro del Direttorio VII. Zona nel 1934, della Lega Regionale nel 1945, della Lega Giovanile emiliana nel 1949, Commissario Speciale per gli arbitri dal 1950 circa, Fiduciario Tecnico Regionale dal 1952 al 1960, Ispettore Revisore della Lega Nazionale Dilettanti dal 1959 al 1971 e Ispettore della F.I.G.C. dagli anni ’50 in poi. Pur senza mai ricoprire incarichi di vertice, la collaborazione di Alberto Stagni con la Federazione risultò dell’eccezionale durata di 55 anni, superiore anche a quella del già menzionato Enrico Sabattini, il quale peraltro durante il “ventennio” si era limitato all’attività societaria con il Bologna. Infine l’anno 1979 venne funestato dalla scomparsa del cav. uff. Manlio Moratelli (14 gennaio) e dell’avv. Leo Gattamorta (11 febbraio), il primo già arbitro di ottimo livello in Serie B, poi dirigente arbitrale benemerito, componente e presidente della Commissione Disciplinare dal 1968; il secondo consigliere del C.R.E. dal 1960, dirigente benemerito della F.I.G.C. e per anni Giudice Sportivo al Comitato Provinciale di Forlì.